C’ero davvero?
Con l’arrivo della primavera le giornate si allungano. Il sole finalmente fa capolino tra le nuvole e si esce più volentieri. Le gonne delle donne si accorciano le magliette degli uomini si pezzano. E puntuali, da tasche e borsette, vengono estratti migliaia di fotocamere, travestite da cellulari. Niente macchine fotografiche compatte. Estinte sotto il peso della tecnologia smartphone.
Eccolo: l’arcobaleno che nasce dagli spruzzi della fontana e …click. Il bambino in piazza che raccoglie il gelato spappolato sui sampietrini, click. Il sorriso della fidanzata in un fuggitivo battito di ciglia, click. Il riflesso degli alberi sul Po, click. La Luna che sorge dietro i Cappuccini e click. Tutto un immenso di figure, emozioni e colori racchiuso in un minuscolo spazio vitale. Ha del miracoloso. O del magico.
E poi a scegliere, ritoccare e documentare, pubblicando in ogni social conosciuto la nostra bellissima giornata domenicale. Cosicché la vedan tutti e, soprattutto, la possiamo rimirare noi per scongiurare il rischio che l’assenza di una prova tangibile renda tempo trascorso simile ad un’ ombra sottile, a metà tra ricordo e sogno. Forse i click servono proprio a questo: a cristallizzare quell’attimo intenso e volatile che ci sfiora ed è già andato. E a darci la certezza di aver vissuto veramente.
Tuttavia io mi chiedo: l ‘abbiamo vissuta davvero la nostra domenica di primavera? Oppure eravamo troppo impegnati a renderla immortale per coglierla veramente?
Meli
Sono profondamente convinta che, quando sei felice, non hai bisogno di scattare una foto.
Odio profondamente il fatto di voler immortalare ogni attimo della giornata, ed ogni pietanza di cui ci si ciba.
A parte poi che le foto con una VERA macchina fotogtafica sono 1000 volte migliori di quelle fatte con lo smartphone.
Kikkakonekka
Ci sono persone che fanno gite, escursioni, concerti, mangiano etc etc attraverso lo schermo di un telefonino. Non si fermano neanche a guardare il paesaggio vero e proprio, guardano lo schermo. Io non lo capisco.
ecco si, era proprio questo che intendevo
M.
Io ieri sera ho fotografato un arcobaleno bellissimo nel cielo sopra Bellinzona.
C’era anche a Torino…..chissà se era lo stesso? 😀
Alex
Alla fine dell’arcobaleno forse c’era Torino!
anche io fotografo gli arcobaleni 😉
M.
Un po’ banalotto questo post. Peccato perché gli spunti (anche quelli un po’ ritriti in effetti) c’erano!
Per il resto… vi leggo con grande piacere.
Bene Ilaria, sono impaziente di leggere la tua versione non banale 🙂
ahahahah!!! siamo all’esegesi del post!!! fantastico!
io invece ho trovato che Meli abbia scritto un bel post…semplice e finalmente non assillato dalla pressione di far stra-ridere. Quindi una considerazione sincera.
(che poi tu Meli faccia ridere comunque perchè metti allegria è un altro paio di maniche!) 😀
È Alex il Giullare di Corte. Si sa 😉
M.
Mi sono posta più volte questa domanda. Sono arrivata alla conclusione che no, non la vivi davvero. Perché quando la vivi davvero a scattare foto manco ci pensi.
A differenza di chi ha detto che trova “banalotto” questo post credo invece che sia un ottimo spunto per una bellla riflessione. Siete grandi, andate avanti così.
Grazie Sun!
In ogni caso tutti i commenti costruttivi, anche se negativi, sono ben accetti qui.
M.
Sicuro, anzi,molte volte sono proprio questi che ci fanno scattare qualcosa che tende verso un miglioramento.
Se sono stata offensiva non era mia intenzione.Qualora chiedo scusa.
Offensiva tu??? No no!! Nessuno è stato offensivo 🙂
Dipende dal click. Se prima lo fai col tuffo al cuore che ti procura un tramonto in mezzo al traffico, è tutto un altro clicckare… proprio ieri ho fermato il motorino in curva per “smartare” i covoni sul prato che succhiavano sole in caduta libera. Ma è stato ancora più bello vedere una macchina che si fermava dopo di me fermarsi per il medesimo click…
E’ vero Flambur, sono anche io della grande famiglia dei cliccatori che tentano di cogliere “l’attimo fuggente del tramoto”. E’ da questo che mi è venuto lo spunto.
Ho anche velleità da fotografa , ma non il talento temo.
M.
ah, si! quell’attimo fuggente del tramoTO! 😀
La seconda che hai detto..
La questione non è banale e apre tante possibili parentesi sul tema. Ad esempio quello che scrivi è uno dei motivi che mi hanno allontanata per anni dalla fotografia. Ai tempi era decisamente diverso: fra corpo macchina pesante, rullini, obiettivi e accessori, il tempo che passavi dietro al mirino era spesso più lungo del momento da immortalare. E dovevi partire con l’idea di voler fare delle fotografie, non con l’ispirazione casuale di adesso. Ci fu una lunga discussione con il moroso di allora proprio sul senso di fermare un momento sulla pellicola invece di viverlo. Ovviamente per me aveva un senso perché la fotografia era il mio mezzo di espressione prediletto, mentre per lui era più facile assorbire la giornata e le emozioni per poi riportarle nei suoi scritti.
Adesso si riesce a scattare così velocemente che penso si sottragga poco al vivere la giornata. Quello che mi chiedo è perché lo si faccia così compulsivamente, producendo tantissime immagini che probabilmente sarà impossibile gestire (e ricordare) dopo qualche anno.
Grazie . Mi hai dato nuovi spunti