Etichettato: Piemonte
Solo in Piemonte
– Un bimbo non lo si partorisce ma lo si compra.
– L’insalata si mangia nel grilletto
– Ci si sporca con la pauta.
– Ciulando si fa sesso, o si ruba o si inganna.
– Si fanno le uova sode nel fuiotto.
– Se non hai voglia di ruscare, non vai in giro ma vai in girula
– Dopo il caffè c’è il pusacafè
– Qualcuno mangia il sanguis ma non si osa dirlo
– Se esci di strada puoi finire in una bialera o in una ciuenda
– C’è l’albero della gasia e qualcuno è verde come una gasia
– Si beve al turet
– In due, per pagare, si può fare mecia
– Puoi essere il nipote di barba Pinu e magna Cia
– Dicendo frocio magari stai solo parlando di tuo fratello
– Se è bun’anima è sicuramente morto
– Sì è stati tutti gagni e tutti i gagni hanno avuto almeno un babacio
– Ci si da appuntamento alla mezza
– Si può sbrinciare la maglia col sugo e spatarare le briciole per terra
– Si toglie la cracia
– Se vuoi spronare: “sah”.Se non ne vuoi più: “bon”
– Si inizia con “ciao com’è”?
– Si lasciano due note di una sigaretta
– Nella bagna caoda si mettono i capinabò
– Ci sono le madame, le madamine e le tote (che possono diventare tutun)
– Si sta sotto la topia
– Si mangia nella piola
– Il muro può essere grutuluto
– Devi avere o le paterle o i patin per andare sul palchetto nel tinello
– C’è la ratavuloira, la boia panatera, il pitu e i babi. Meglio non star al pian dei babi
– Giuanin Lamiera ha fatto venire su i Napuli (o Mandarin)
– Si mangiano i ramasin
– Si fa merenda sinoira
– Puoi prenderti un bel badò
“D’ogni modo” concludo ringraziando mia nonna, bun’anima, per la meravigliosa espressione “Mangio un asinello d’uva” e mio nonno, anche lui bun’anima, per aver arricchito il mio lessico con una marea di appellativi con cui caratterizzare, all’occorrenza, le persone. Parole di antica quanto tagliente efficacia: badola balengo,ciaparat,fafiuché,piciu (meglio ancora piciu ‘d nata), paiasu, babaciu, fagnan, patelavache, blagheur, betè, ciamporgna (modernizzato in ciampa), ciospa, pepia, cuntabale, gadan, gasepio.
Belle nè?
Alex
Il buco nero al centro della campagna (by Mammaimpreparata)
Da qualche tempo, dopo svariati anni di vita nella grande città, mi capita di vivere in un’amena località all’incrocio tra biellese, vercellese e canavese. E’ un paesino fornito di tutti i confort minimi richiesti: posta, farmacia, succursale asl, scuole dell’obbligo di ogni ordine e grado.. il buon vicinato funziona talmente bene che se arrivi all’asl senza impegnativa l’impiegata telefona al tuo medico e se la fa portare dal primo paziente che passa di lì tornando a casa. Il tutto condito da un contorno di campi, boschetti e laghetti. E poi essendo in Piemonte sei comunque in mezzo a tutto, puoi spaziare dal Barolo alla Salsiccia di Bra mentre scendi dal Monterosa Sky.
Insomma, un piccolo georgico paradiso. Scordatevi il traffico urbano Primasecondaterzasecondaprima, scordatevi l’isteria da clacson al semaforo e la guerriglia contro il SUV. Qui al massimo puoi imprecare se il vicino ha parcheggiato davanti a casa tua anziché davanti al proprio cancello.
Certo. Scordatevi anche il concertino jazz in centro, l’aperitivo prima del Teatro e lo spaghetto dopo, il cinema al volo con gli amici. Per fare queste cose bisogna evadere. E non uso il termine così, per dire. Perché c’è una vera e propria forza, un’inerzia, che tende a catturarti e ad ancorarti qui. E’ come un enorme buco nero che con filamenti in apparenza collosi ti trascina sempre più al suo interno. Se all’inizio ti dibatti, poi col tempo ti lasci trascinare fino a non uscirne più. E il tuo orizzonte degli eventi diventa il tuo villaggio, il tuo rione, il tuo giardino.
L’epicentro di questo buco nero dev’essere nel negozietto di fronte al mio cancello. Quello che in un libro chiameresti “emporio” perché ci trovi il sale, il preparato per budini, la pappa per il gatto e i lumini da morto. Un posto così stupefacente che, al mio primo acquisto, la cassiera ha aperto la confezione di guanti di lattice per misurarmeli e vedere calzavano bene.
Essendo di fronte a casa è comodo, estremamente comodo, ma cela al suo interno una trappola mortale: il banco del fresco. Il gestore e il suo assistente affettano il prosciutto come i carabinieri scrivono il verbale: uno lavora e l’altro, appunto, assiste. E’ la zona del super che un ex-urbano evita come Berlusconi i processi. Il capo affetta e posa con delicatezza il prodotto sulla carta. L’assistente, dopo istanti di religiosa attesa, copre fetta per fetta con l’apposito cellofan con la cura delle pie donne che rammendarono la Sacra Sindone. Tempo stimato per ogni fetta: 4 minuti. Ma non è un problema, perché intanto puoi parlare del tempo, ascoltare un po’ di Radio Serva, informarti sulla salute dei vicini e farti dare la ricetta del Prosciutto in gelatina. E non basta, perché le madame prendono poco, ma di tutto: un po’ di cotto, di crudo, di bresaola ….AHHHHRG!
Da Torinese con rigurgiti di Torinesità, la cosa mi sconvolge, così come vedere la coda al bancone che dalle 8 di mattina non fa che crescere e allungarsi. Improponibile vedere attendere il proprio turno (con pazienza e nonchalance, devo dire) non solo anziane nonnine e nonnini in attesa del prossimo cantiere, ma anche giovani donne, ragazzi, insomma tipologie umane allergiche a questo tipo di passatempo. Eppure il fenomeno si ripropone giorno dopo giorno, davanti al bancone si fa fatica a passare, tutti sembrano…soddisfatti? o saranno solo…rassegnati…o forse…catatonici??
Insomma, lì dentro ci dev’essere qualcosa di losco, i conti non tornano, dovrò scoprire cosa trattiene lì tutta quella gente.
Mi accomoderò (e non sto scherzando) sull’apposita panchina piazzata davanti al vetro, così nel frattempo guardo cosa comprare.
Passate a prendermi tra dieci anni, grazie!
Mammaimpreparata