Etichettato: outing
Far finta di essere sani
Ho una malattia rarissima e apparentemente molto grave. La scienza ancora non si è pronunciata in proposito ma ho fondati motivi di pensare che sia di origine genetica perché anche mio padre ne è affetto. In Italia, soprattutto tra la popolazione maschile, è una vera e propria rarità. Il nome scientifico è DATC: Disinteresse Acuto Totale del Calcio.
I primi sintomi sono cominciati quando ero bambino ma all’inizio non sembravano preoccupanti. Anche io giocavo a calcio con gli amici a scuola; semplicemente non riuscivo ad attribuirgli il giusto valore e il giusto peso sociale. Già, per me era soltanto un modo per divertirmi, come tanti altri; ero incapace di farne uno scopo di vita e un modo di vivere. Per sentirmi normale giocavo anche a figurine. Ed ero bravo! Chiaramente che si trattasse delle figurine dei calciatori a me fregava ben poco. Fossero stati idraulici, panettieri o santoni indiani sarebbe stato lo stesso, ma nascondevo al mondo questa mia intima turba psicologica. Non è stato difficile convivere con al malattia fino al giorno in cui si è manifestata inaspettatamente in tutta la sua ferocia.
Torrido pomeriggio di luglio.Io e altri 9 bambini nei giardinetti sotto casa. Come sempre dal nulla sbuca un pallone.Io lo afferro, guardo tutti i miei amici dritto negli occhi e “Ragazzi…ma se giocassimo a pallavolo?”
Il tempo si ferma.
Il sole si oscura.
I grilli smettono di cantare.
Sembra di stare nel duello finale di “Per un pugno di dollari”. Parte anche la colonna sonora di Ennio Morricone, sento 12 rintocchi di campana, i cespugli rotolano e le imposte si chiudono frettolose.
18 occhi puntati come spilli dritti nei miei “cosa hai detto?!?!?!?”
Da quel momento vengo invitato a giocare ai giardinetti solo quando non si gioca a calcio.
Mai.
Ma cosa avevo detto? Avevo detto la verità, ero riuscito a fare outing: a me il calcio non piaceva.
Negli anni a venire i sintomi della malattia sono peggiorati. Sono arrivato addirittura a trovare fastidiose le partite di calcio trasmesse in tv. Ora guardo lo sport solo quando non si parla di calcio.
Mai.
Lo ammetto, è stata dura. Ho dovuto crearmi una vita non fondata sul giuoco del calcio, incurante di chi diceva che fosse impossibile.Ho dovuto inventare un modo di riempire gli enormi spazi vuoti al sabato e alla domenica; quelli in cui venivo lasciato solo dagli amici che andavano a vedere la partita.Solo, abbandonato a me stesso e come unica compagnia le loro ragazze che non li seguivano allo stadio. Ho dovuto ingegnarmi per trovare hobby con cui far finta di divertirmi: la subacquea, lo snowboard, lo sci, i viaggi etc….
Insomma…ho dovuto lottare ma ce l’ho fatta e ora sto bene. Con la malattia ci convivo. Si, certo, ogni tanto mi tocca fingere. Per esempio quando ci sono i mondiali, per amor di compagnia, un paio di partite con gli amici le vedo. Mi faccio spiegare quali sono i “nostri” e da che parte devono fare goal. Sto zitto, defilato, sorrido quando gli altri urlano di gioia. Ma non parlo, non posso tradire le mie perversioni perché mi rendo conto di avere visioni profondamente deformate della realtà. Arrivo addirittura a pensare che i tifosi esagerino, che i calciatori siano solo persone troppo pagate per correre dietro un pallone e, chiedo scusa per la blasfemia, che il calcio sia solo un gioco.Non ha senso, lo so. Non ha veramente senso.
Alex