Etichettato: matrimonio
Piccolo decalogo delle fobie quotidiane
Dal vangelo secondo Wiky:
“La fobia è una manifestazione psicopatologica riguardante stati dell’I Io non pienamente inserito con l’ambiente che lo circonda”.
Vi siete mai soffermati a guardare da quante forme di fobia siamo circondati? A decine. Tutti ne soffriamo, anche senza saperlo. Ad esempio negli ultimi anni ne è nata una nuova: la nomofobia : la paura incontrollabile, irrazionale, angosciante che lo smartphone si scarichi o che ce lo rubino lasciandoci irraggiungibili senza connessione telefonica!!!
Chi, subendo l’improvvisa privazione del telefonino non si è sentito precipitare in uno spazio siderale di buio e solitudine? Peggio della raccomandata in buca che preannuncia multe, carestie e siccità, peggio di una ruota bucata sotto il temporale, peggio una gamba rotta quando abitate al quarto piano senza ascensore. Lo status “ senza cellulare” è la vera tragedia che ci isola dal mondo.
Veniamo alle altre fobie quotidiane. Un collega o un conoscente palesemente allergico a saponi e deodoranti lo abbiamo tutti, purtroppo. Ebbene, sappiate che potrebbe non essere un semplice sciattone, ma soffrire di idrofobia, l’irrazionale e paralizzante terrore dell’acqua.
Vostro figlio non fa i compiti e tutte le mattine vi fa tardare perché si rifiuta di entrare in classe? Magari non è svogliato e fannullone, ma semplicemente scolafobico.
E dove mettiamo i colleghi assenteisti cronici? Magari avete passato giornate ad insultarli accusandoli di fancazzismo cronico. Invece potrebbero soffrire di una brutta forma di ergofobia, la paura del lavoro e delle incombenze. Poveretti. Che vitaccia.
Io soffro della comunissima fobia delle altezze; se mi volete del male, ma tanto male, e volete liberarvi di me, datemi una bottarella in testa ( piano) e, mentre sono lievemente svenuta, portatemi sul balcone panoramico della Mole. Abbandonatemi lì, come un cane in autostrada: rimarrò paralizzata per terrore di cadere e non tornerò mai più a casa.
Chè poi le persone soffrono delle paure più disparate. In rete ho trovato: la fobia del colore bianco, del nero, delle mani, dei piedi, vestiti, bastoni, dottori, palazzi, nebbia , delle supposte,della neve, dei peli, dei pesci, della frutta e della verdura, galline, gatti, cani. Qualcuno ha la fobia del sesso ( che disgrazia!), dei viadotti, dei microbi, del buio, della luce, degli specchi, delle malattie, dei ponti, delle corde e pure del numero 8. E del matrimonio.
Ebbene si, esiste pure la fobia del matrimonio. Proprio come Julia in Se scappi ti sposo.
Io pensavo che il mio ex avesse “tagliato la corda” mollandomi ben tre mesi prima del taglio della torta perché fosse un grande stronzo, o avesse trovato un’altra fanciulla la cui tortina fosse più allettante della mia, ma mi sbagliavo! Di sicuro soffriva di gamofobia, poverino, la paura del matrimonio e dei legami. E io che l’ho insultato in tutte le lingue del mondo, augurandogli le peggio sofferenze, non comprendendo il suo intenso e devastante travaglio psicologico.
Sono proprio una brutta persona.
Esiste la fobia delle brutte persone?
Meli
Il neo della sposa
10:30 di un 33 luglio qualsiasi, ci sono 40 gradi all’ombra e il 98% di umidità. Persino i platani sono appassiti e giacciono adagiati sui marciapiedi. Tu potresti essere al mare, in punta a un monte sulle rive di un laghetto alpino o anche solo appollaiato sul condizionatore e invece no. Sei in giacca e cravatta (che metti una volta ogni 7 anni) davanti alla parrocchia di Santa Maria Vergine Scalza Addolorata e Appassita per il caldo, in attesa che arrivi la sposa. A renderti felice un’unica grande certezza: non sei lo sposo. Sei solo un invitato che ha stampato in faccia il sorriso d’ordinanza tipo “sono proprio felice di essere qui. Che bello, che bello, che bello”.
Arriva la macchina della sposa che ha due caratteristiche principali: è scura ed è un modello di macchina che usano solo vescovi, protettori e spose. Si apre la porta e scende la sposa. La conosci da 1000 anni. L’hai vista fare gare di rutti, vomitare ubriaca con la testa infilata nel water e la conosci pure in senso biblico. Quindi hai visto tante altre cose. Quando scende pensi “Oh cazzo ho sbagliato matrimonio”. E invece no. E’ lei. Solo che ha uno strato di flatting sul viso, un’acconciatura da fare invidia a Moira Orfei (con dentro le colombe in tinta col vestito), gli occhi azzurri più grandi di quelli di Pollon ed è travestita da meringa. David Bowie e Renato Zero insieme, fatti di LSD, non avrebbero saputo fare di meglio. Tutti in coro “Che bella”. Già…ma non aveva gli occhi azzurri. O si?
E lo sposo? Booooo. Dello sposo non frega niente a nessuno. Avesse mandato un amico con la delega sarebbe andato bene lo stesso.
Cerimonia. Come ce li metti 400 invitati in una cappelletta di campagna di quaranta metri quadri? Semplice: 10 per metro quadro. Ti viene il sospetto che il Cristo possa schiodarsi dalla croce per tuffarsi sulla folla come Axl Rose ai tempi d’oro. Ma non lo fa. Peccato.
Si comincia. Mendelssohn suona l’organo, i fiori di arancio si spatarano sui banconi. le mamme piangono, i papà si commuovono, gli amici ridono, gli ex fidanzati ripensano. Ivi compreso te. Ricordi la sposa. Guardi la sposa. Spogli la sposa. Ricordi un neo sul seno sinistro.
– Vuoi tu bla bla bla in malattia, carestia..bla bla…alluvione e uragano bla bla…morte non vi separi?
– Ma si
O era il seno destro?
– Vuoi tu bla bla bla in malattia bla bla bla invasione di cavallette bla bla bla online e offline bla bla bla morte non vi separi?
– Ma si
No no era il sinistro.
– Vi dichiaro uniti nel sacro vincolo del mutuo.
A quel punto esci a fumare. Un po’ perché ne hai voglia e un po’ perché ti piace pensare che così non saprai realmente come è andata a finire. Non vuoi essere complice fino in fondo e potrai sempre dire che non c’eri. Gli sposi escono. Riso, spaghetti, tagliatelle e quant’altro sia tirabile viene tirato. Sono le 11.30. Gli sposi sono di Torino, la cerimonia si è tenuta in un paesino dell’astigiano, il ristorante è vicino a Como. Si parte in carovana. Gli sposi arriveranno. Vanno solo a fare le foto….tipo a Venezia. Si è lontano ma faranno in fretta. Vale la pena…Piazza San Marco è così carina…
Ore 13.30 sei nel ristorante. C’è il giardino, il laghetto finto col cigno vero, il salice piangente con sotto una panchina a forma di cuore, due cerbiatti di ceramica. Finti. L’aperitivo arancione anal-colico.
Ore 14:30 sei sempre nel ristorante e hai una fame porca. Continui a prendere aperitivi a ripetizione. Rovesci il contenuto nel laghetto ma almeno mangi l’oliva. Tiri il nocciuolo al cigno per noia. Dice il padre della sposa “Stanno tornando sono già all’altezza di Bergamo”.
Ore 15:00 spinto dalla fame con un gruppo di amici architetti un piano per catturare il cigno e mangiarlo. Ma il cigno lo sa, è pratico, gli capita tutte le domeniche e quindi sta in quel ramo del laghetto di Como …che è irraggiungibile.
Ore 16:00 arrivano gli sposi. Li odiano tutti. Hanno fatto 451.328 fotografie.Quelli di Google Maps per la mappa di Venezia ne hanno fatte meno. Solo le 1300 più belle verranno stampate e messe in un album di pelle spesso 90 centimetri.. L’album lo dovrai vedere tutto. Tutti gli amici dovranno vederlo tutto, poi verrà messo in un armadio e dimenticato per sempre.
– Alex grazie. Son contenta che tu sia qui.
– Alexia…sei stupenda vestita da sposa.
– Grazie. Ti piace il vestito?
– Si. Bianco è originale. Poi le colombe…
– Quali colombe? Buono il pranzo vero?
– Le olive erano deliziose. Ma Alexia…avevi già gli occhi azzurri?
– Dai non fare il cretino
– Alexia posso chiederti una cosa? Ma il neo sul seno…è a destra o a sinistra?
– Alex …..
Cinque anni dopo:
– Alex ci vediamo sabato sera? Questo weekend i bambini li tiene lui.
– Si si Alexia…ci sono.
– Che facciamo? Boh..se vuoi guardiamo l’album del matrimonio.
– Vaffanculo.
– Dai scherzavo. Alexia posso chiederti una cosa? Ma il neo sul seno…è a destra o a sinistra?
– A sinistra Alex.
– La tua o la mia?
Alex
Fusioni, a volte accade
ll foie gras è un piatto tipico della cucina francese. Prelibato e costoso. Prodotto ingozzando oche o anatre per fare crescere a dismisura il loro fegato. Ma questo prima non lo sapevo. Il gusto del foie gras è denso, pastoso, avvolgente, con un pizzico di selvatico, estremamente grasso, come suggerisce il nome.
Il Sauternes è un prestigioso vino francese. E’un passito dolce, botrizzato: il viticoltore lascia che gli acini vengono attaccati da un fungo, il Botrytis Cinerea, che, metabolizzando la buccia dell’uva, la rende più sottile permettendo un naturale appassimento dell’acino; inoltre le spore divorano gran parte delle sostanze acide, lasciando nel frutto un’alta concentrazione di zuccheri. Il buon Sautrernes è un vino difficile, dai sentori di miele, vaniglia, frutti bianchi e.. muffa.
Nessuno di questi due prodotti tipici mi piace particolarmente. Non amo i cibi grassi e nemmeno i vini dolci. E poi sono troppo costosi per le mie tasche… Eppure… accade. Accade che mi invitino ad un matrimonio DOC, vissuto da me come incubo a causa delle scarpe strette e del vestito bellissimo ma prestato. Fino a quando non mi accorgo che una delle tavole del sontuoso buffet matrimoniale è particolarmente affollata; mi avvicino curiosa e lì faccio la conoscenza di Foie & Sauternes. Il palato rimane stupito nel non riuscire riconoscere nella commistione fra Foie e Sauternes il sapore dell’uno o dell’altro.
E accade che da due alimenti così apparentemente incompatibili, uno grasso e pastoso, l’altro alcolico e dolce, scocchi la scintilla e nella loro felice ed inaspettata unione nasca un’anima completamente nuova. Talvolta accade anche per le persone, inaspettatamente. E due amici che mai avremmo immaginato potessero fondersi, danno vita ad un “noi”: una creatura nuova, indistinguibile dalle parti che la compongono. Un nuovo essere magari anche più appetitoso dalle singolarità dalle quali ha avuto origine.
Così è avvenuto per le due anime che hanno celebrato la grandiosa fusione. Spero che davvero sia per sempre, perché il Foie Gras e il Sauternes da soli sono sorprendentemente zoppi; solo assieme trovano l’armonia della loro esistenza.
E forse siamo tutti un po’ foie gras e un po’ Sauternes.
Meli
Come ti chiamo?
Come riferirsi alla persona con cui stiamo?
– fidanzata/o: bello e corretto ma fa tanto, troppo, decisamente, ineluttabilmente matrimonio. Quindi non si può usare, è come firmare una cambiale.
– morosa/o: amorevole e dal sapore agreste perchè fa pensare alle more. Ma recita il vocabolario “chi si trova in stato di mora. Debitore”…..fa pensare . “Me la/lo dai perchè ti senti in debito?”
– tipo/a: roba da estrema e profonda periferia di Torino. Dove si piscia il cane, si gioca il bambino e si sale la spesa. Minkia Ziofà. Triste
– ragazzo/a: molto usato ma pone problematiche di carattere anagrafico. Nel senso: funziona se hai 16 anni…ma se ne hai 40 e dici “il mio ragazzo” tutti pensano a tuo figlio. Che esista o meno.
– il mio uomo/la mia donna: sembrerebbe l’evoluzione di ragazzo/a ….ma fa veramente tanto Pooh.
– compagno/a: un po’ veterocomunista ma di per sè molto politically correct. Così correct che fa pensare al compagno di banco, al tuo cane che è un buon compagno e infine a mia nonna che aveva bisogno di compagnia. Ma non di una compagna.
– padre dei miei figli/madre dei miei figli: ammette un errore implicito. Tipo “sto con un pirla e ci ho pure fatto un figlio”. Sembra un modo di prendere le distanze. Come se Schettino si riferisse a se stesso dicendo “il comandante della mia nave”.
– la mia dolce metà: meraviglioso esempio della figura retorica del sarcasmo.
– il mio lui/la mia lei: autorassicurante. Come dire: “è proprio lui, non sbaglio”. Un po’ complicato da usare quando si presenta il proprio lui/lei agli altri: “Ciao nonna, ecco il mio Lui”. Lui? Lui chi? Lui.
– convivente: un pelo più affettuoso di coinquilino ma veramente poco coinvolgente. Per assurdo poco conviviale. Come tornassi a casa e lo /la trovassi lì per caso. “E tu chi sei?”
– moglie/marito: beh è il top. Inattaccabile. In omaggio ci sono un suocero e una suocera, taluni cognati e una fantastica unione nel sacro vincolo del mutuo. Vincolo ben più forte di quello del matrimonio: lo stato accetta, la chiesa tollera, la banca no.
In definitiva qual è il modo più bello? Mia nonna quando parlava di due persone tra cui c’era intesa diceva “si guardano” o “si parlano”. Modo di dire sicuramente desueto, molto poetico e molto soft. Mette veramente tanta, troppa distanza.Forse lei da giovane diceva “quello che guardo” o “quello con cui parlo”?
Non mi è dato di sapere ma c’è qualcosa che non mi torna: mio nonno e mia nonna devono aver parlato e si devono essere guardati molto, ma molto intensamente. Forse troppo, visto che alla fine è nato mio padre. Allora forse non c’era tutta questa distanza.
Alex
Wrong crash
Lunedì sera. Corso Vittorio.Piove sul traffico da rientro. Automobilisti sclerati, irosi come tanti Paperino che si appendono ai clacson. Io no. Mi sento di più Nonna Papera visto che sto portando alla festa a sorpresa di Mery la torta di mele preparata con le mie manine; in pace col mondo, ferma a un rosso, canto a squarciagola We Are the Champions accompagnata alla radio da Freddy, quando, proprio sul finale, l’auto dietro la mia inchioda invano sul bagnato dando una gran botta al popò della mia macchinina. Balzo in avanti della mia fronte incredula. Anche la torta di mele, incredula, si spiattella ai piedi del sedile. Freddy, tace. Animata dai peggiori racconti sui conducenti selvaggi di auto prive di assicurazione, in un attimo di oscura lucidità , penso: “ …e se ora sto deficiente scappa? E se in quell’auto ci sono 5 energumeni di 120 kg cadauno e mi picchiano perché la mia auto se ne stava ferma li, al semaforo rosso, proprio dove loro volevano andare? E se in quell’auto c’è Dexter, il serial killer dei serial killer????”.
Poco speranzosa accosto a bordo strada, e con mia gran sorpresa vedo che anche il tamponatore mi segue. Scendo dall’auto e… accade: il sogno di una vita, la madre di tutte le favole iniziate con una gran botta di sfiga e terminate con un grandioso lieto fine, la polverina magica dei sogni felici da Peter Pan a Pollon… Dall’ altra auto scende Mister Pezzo di Gnocco…Un metro e 85 di muscoli ben distribuiti, viso squadrato, boccuccia da mordere, occhio azzurro, sguardo da sciupafemmine. Immagini del nostro imminente matrimonio mi scorrono in testa come in un film. Io di bianco vestita, lui bello come un divo di Hollywood. Amiche verdi d’invidia. Andiamo a vivere felici in una villetta con giardino, tre figli e un cane.
Mi tremano le ginocchia; penso di simulare uno svenimento non per truffare l’assicurazione, ma per farmi sorreggere da quest’apparizione divina e verificare che sia in carne ed ossa, soprattutto carne, e non un parto della mia fronte ammaccata e della mia fantasia eccessiva. MPG ( misterpezzidignocco) parla!!! Siii mi parla!!! E si profonde in una sequela di vocaboli confusi dai quali capisco che si sta scusando per la distrazione.
Chiede se voglio un’ambulanza e io “ nooo figurati, scusami tu, non me ne dovevo stare ferma al semaforo…sono proprio una stupida; vuoi un caffè? Ho della torta di mele, è un po’ sottosopra ma è buona…Aspetta che la raccolgo dal pavimento”. MPG mi guarda sbigottito, poi declina gentilmente l’offerta , spiegandomi che sta andando all’aeroporto: ha un volo per Parigi, “ sai” mi dice “ ho una sfilata domani, sono un modello D&G”. Segue gesto stizzito del mignolino…
Controlliamo le auto. Tutto ok. Ci stringiamo la mano ( la sua un po’ molliccia a dire il vero) e se ne va…portandosi appresso ogni mia fantasia e dignità.
C’era in effetti quel qualcosa nei suoi modi, che insomma, ripensandoci erano da sciupa qualcosa, ma non sciupa femmine. Cazzarola che spreco però.
La mia auto, comunque, ne è uscita meno ammaccata di me.
Meli