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Mamma 2.0 ovvero: Mi è sparita la ‘E’ grossa

“Mi serve un computer col programma per scrivere le lettere”. Questo è stato l’esordio nel mondo dell’informatica di mia mamma; ottima stenografa e dattilografa dei tempi che furono. “Facevo più di 300 battute al minuto” è la frase che mi ripeteva più spesso quando da piccolo mi avvicinavo alla sua Olivetti Lettera 22. La seconda era “Nooo non toccare che scrivi sul tamburo”. Dove cazzo fosse l’omino col tamburo ancora lo devo scoprire. Ma sul tamburo io non potevo scrivere.

Dal programma per scrivere le lettere strada ne ha fatta tanta. Ad oggi, dopo un lungo training e svariate lezioni serali tenute da me in cambio di una buona cena, è autonoma.Legge i giornali, cerca gli orari dei treni e quant’altro le serve. Gestisce una fitta quanto inutile corrispondenza di email con le amiche, fatta di enormi powerpoint in allegato, che contengono centinaia di foto di cuccioli, mongolfiere, animali, alberi, bambini che spesso sono costretto a guardare. Una volta me le spediva e basta.  Ora me le spedisce e poi mi interroga “quale ti è piaciuta?”. Già, perché se anche hai 40 anni tua mamma ha ancora la capacità di pinzarti quando sgarri.

Insomma. Un successo. Ho una mamma 2.0 e ne sono fiero!

Ma la mamma 2.0 ha un difetto: se ha un problema che riguarda l’informatica, di qualsiasi natura, in qualsiasi momento ti chiama. E il concetto di “informatica”  per una donna nata negli anni 40 è ampio. Molto ampio. Va dal ferro da stiro al computer passando per il televisore e il cellulare. Insomma racchiude qualsiasi entità fisica e/o logica che possa essere connessa a qualsivoglia cavo. Fosse anche il filo da stendere. E ora che col wireless non c’è manco più il filo…..è pressoché infinito. Se ha un problema la mamma 2.0, dopo una fase di briefing preparatorio con la stenografa e la dattilografa che sono in lei, alza il telefono e chiama.

Voce seriosa. Come ti dovesse dire che in realtà sei adottato.

– Ciao hai un minuto?

Tu sai, perché lo sai, che la tua risposta è ininfluente. Qualsiasi cosa tu possa dire lei ti  esporrà comunque il suo problema. E quindi, anche tu facessi come lavoro il trapezista e fossi nella parte clou del tuo numero al circo, non ti resterebbe che rispondere

– Dimmi mamma

E scatta la domanda incomprensibile. Quella prodotta con la collaborazione della stenografa e della dattilografa. Parole estratte a caso dal vocabolario:

– Ma se uno è verde….c’è?”
– mmmmmmmmmm…mamma metti giù e siediti su una sedia, chiamo il 118 e gli dico di venire. Stai calma
– Sei scemo!!!! Non ti posso mai chiedere nulla….e bla bla bla…. rispetto…bla bla bla…educazione…. bla bla bla non capisco perché devi sempre rispondere male
– Mamma scherzavo spiegami

E da quel punto, in soli 22 minuti di telefonata, mentre sei attaccato al trapezio a fare capriole e salti, arrivi a capire qual e’ il problema; cosa che avresti fatto subito se lei avesse detto qualcosa di simile a:

– Senti ma se sulla chat di Gmail, di fianco al nome di qualcuno compare un pallino verde, vuol dire che è online?

Secondo esempio di questione incomprensibile:

– Hai un minuto? E’ sparita la ‘E’ grossa
– Eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee?
– Appunto non c’è più

Traduzione: Come faccio se mi sparisce dal desktop l’icona di Internet Explorer?

Oppure::

– Hai un minuto? Il computer mi ha detto che sono obsoleta
– Mamma non prenderla sul personale, magari si è svegliato di pessimo umore

E infine un grande classico:

– Hai un minuto? Ho salvato una cosa. Dov’è?
– Mamma…e io che ne so…sarà dove l’hai salvata
– E dove l’ho salvata?
– Mamma posso chiederti una cosa?
– Si
– Sono adottato?
– Ma cosa dici?
– Un’altra domanda seria mamma
– Dimmi
– Ma dove cazzo era l’omino col tamburo?

Alex

olivetti_lettera_22

La Olivetti Lettera 22. Non c’è traccia dell’omino col tamburo

 

 

Peggio di una mamma? Una nonna

E’ nato Andrea,  il nipote della mia collega  Piera.

E in questo Lunedì, già devastato dal cambio d’ora, il mio ufficio diviene una succursale del reparto maternità del Sant’Anna dove un’ipercommossa neononna (alla quale sfugge  lacrimuccia al tre di “3 chili e 150 grammi”) fornisce  alle altre  colleghe (tra cui  io, porcapu***na), una copiosa cascata  di dettagli sul lieto evento: doglie,  travaglio (durato ben 5 ore!!!), parto, placenta, cordone ombelicale arrotolato, anestesie , punti di sutura transcutanea o in continua, dentro e fuori.  Segue racconto epico  delle altre  colleghe già mamme sulle loro cuciture vaginali  e limitrofe  e su quale sia il metodo migliore per lavarsi e espletare le funzioni fisiologiche in quelle delicate condizioni. La  mia voglia di brioche mattutina s’è sciolta come i punti autoassorbibili. Voglio fuggire, tornare  sotto le coperte ma non ho posto dove nascondermi. Sotto la scrivania mi vedrebbero?  Tengo duro fino all’ inevitabile… sfoderamento di set fotografico che neanche la Campbell ai tempi d’oro.

”Ma che bello questo bimbo”

“E che nasino carino!!!” (ma se  sembra un ranocchio!)

“Uuuuuu ma che bei capelli, diventerà biondo”   (ma non li perdono i capelli della nascita?)

”Ooooo!!! Ma ha gli occhi azzurri?”

“E si”, risponde la neononna, “ Sono proprio  azzurri e poi mamma e papà li hanno azzurri” (azzurri? Ma dove? Come fai a vedere gli occhi tra ste palpebre gonfie? E poi non sono cerulei gli occhi dei bimbi appena nati?).

Soffoco il mio inopportuno  virgulto di scetticismo e ignoranza e mi taccio.

“E a chi assomiglia?”

“Al padre” risponde  la neononna sta volta un po’ delusa ( il genero le sta sulle palle).

“E tua figlia come sta?”

Lacrimuccia della neononna: “Ha patito così tanto poverina”

“Ma si dai, che tra poco  se ne dimentica, com’è successo  a  tutte”, cerca di confortarla una collega

“E no”,  replica la neononna, “Lei non se ne dimenticherà, ha sofferto troppo” (si…ha partorito solo lei nella storia dell’umanità).

Penso che ogni bimbo che nasce sia  unico, che ogni parto sia  epico, che ogni mamma sia  speciale, che ogni nonna patisca più per la figlia in travaglio di quanto probabilmente avesse patito per se stessa qualche lustro prima.

Mi taccio e, nella mia inopportuna ignoranza,   mi chiedo “ma come saranno le bisnonne?”

Meli

fiocco_azzurro

Fiocco azzurro …..

 

Cazzi e mazze: se perdi fai la mamma

“Duello di peni tra mamma e papà” su questo titoletto mi è caduto l’occhio tra un click e l’altro di una annoiata navigazione su internet in pausa pranzo. Più su l’altro titolo: “Sei modi creativi di usare i genitali”. Non mi sono neanche concesso il tempo di ripassare i modi (poco più di un paio) che conosco io e già stavo cliccando, immaginando di finire in un sito di quelli….di quelli….che poi si cancella la cronologia di Internet.E invece no…dIlusione..dIlusione. Mi ritrovo sul sito del National Geographic in cui, sotto le foto di simpatici animaletti colorati, viene descritto il bizzarro utilizzo che essi fanno dei loro organi genitali. Inevitabile leggere. E ancor più inevitabile, immaginare cosa succederebbe se anche gli umani avessero caratteristiche comparabili.

Cominciamo da un minuscolo insetto d’acqua che, per richiamare la femmina, produce un rumore assordante strofinando il pene sull’addome. Ora, donne, capisco che sms e squillini sul cellulare possano darvi fastidio. Ma vi immaginate cosa sarebbe la vostra vita, se foste circondati da uomini che, per parlarvi,facessero sbattere il loro gioiellino sulla panza a mo’ di mazza sul tamburo?!

“Amore”  bum bum bum bum bum “aperitivo stasera?”   bum bum bum bum

A ruota segue la foto di un simpatico e colorato verme marino ermafrodita: è sia maschio che femmina. Quando due individui si incontrano, entrambi estraggono il pene e cercano di fecondare l’altro. Chi perde fa la mamma. Salto a pie’ pari le eventuali simbologie e metafore, ma non posso non chiedermi come sarebbero gli analoghi incontri umani:

– “Dammela!”

– “No dammela tu!”

e a quel punto, come in un duello di guerre Stellari a botte di spada laser, passeremmo delle mezz’ore (sigaretta del dopo inclusa) a cercare di infilzare l’avversario?

Ultimo, ma non in ordine di genialità l’Argonauta, un mollusco marino. Se rileva la presenza di una femmina, il suo organo sessuale si stacca e, nuotando in autonomia (sottolineo “in autonomia”) raggiunge la femmina fecondandola.Risulta evidente che, applicando le stesse regole alla razza umana, gli scenari diventano veramente molteplici quanto bizzarri.Per i maschietti: immaginate il vostro prezioso gingillo che, mentre camminate per strada, si leva in volo, in completa autonomia, all’inseguimento di un altrui femmineo pertugio. Cominciamo col dire che, a quel punto, sarebbe ampiamente giustificato l’appellativo di “uccello”. Ma più che altro, già mi par di vedere scene balzane di uomini che, guardando la loro preziosa appendice partire, la inciterebbero con motti tipo:

– “distruggila!!!”

– “dagliene finchè ce n’è”

– o per i più romantici “scrivi quando arriviiiii” sventolando il fazzoletto

– o ancora “mi mancheraiiiii”

Tale scenario risulta ancora più inquietante visto dal punto di vista femminile. Da un lato Megan Fox e Jessica Alba che scappano inseguite da enormi stormi di cazzi volanti. Dall’altro arzille vecchine che invece li inseguono, col retino da farfalle, cercando di prenderne almeno uno. Sicuramente troverebbe nuovo vigore e significato l’espressione “Che cazzo vuoi?”

Non sono finiti qui i simpatici animaletti della fattoria del National Geographic. Ma non vi voglio rovinare la sorpresa:

La Galleria dei simpatici animaletti

Ma tornando all’Argonauta, mi resta un solo dubbio. Ma alla fine, la sigaretta, chi se la fuma? Il pene oramai soddisfatto e felice a fine missione….o il suo proprietario, orfano del suo apparato più prezioso, mormorando preoccupato “dove sei cazzo?”

Alex

Polyclad flatworm, Pseudobiceros gloriosus