Etichettato: fidanzato
Come ti chiamo?
Come riferirsi alla persona con cui stiamo?
– fidanzata/o: bello e corretto ma fa tanto, troppo, decisamente, ineluttabilmente matrimonio. Quindi non si può usare, è come firmare una cambiale.
– morosa/o: amorevole e dal sapore agreste perchè fa pensare alle more. Ma recita il vocabolario “chi si trova in stato di mora. Debitore”…..fa pensare . “Me la/lo dai perchè ti senti in debito?”
– tipo/a: roba da estrema e profonda periferia di Torino. Dove si piscia il cane, si gioca il bambino e si sale la spesa. Minkia Ziofà. Triste
– ragazzo/a: molto usato ma pone problematiche di carattere anagrafico. Nel senso: funziona se hai 16 anni…ma se ne hai 40 e dici “il mio ragazzo” tutti pensano a tuo figlio. Che esista o meno.
– il mio uomo/la mia donna: sembrerebbe l’evoluzione di ragazzo/a ….ma fa veramente tanto Pooh.
– compagno/a: un po’ veterocomunista ma di per sè molto politically correct. Così correct che fa pensare al compagno di banco, al tuo cane che è un buon compagno e infine a mia nonna che aveva bisogno di compagnia. Ma non di una compagna.
– padre dei miei figli/madre dei miei figli: ammette un errore implicito. Tipo “sto con un pirla e ci ho pure fatto un figlio”. Sembra un modo di prendere le distanze. Come se Schettino si riferisse a se stesso dicendo “il comandante della mia nave”.
– la mia dolce metà: meraviglioso esempio della figura retorica del sarcasmo.
– il mio lui/la mia lei: autorassicurante. Come dire: “è proprio lui, non sbaglio”. Un po’ complicato da usare quando si presenta il proprio lui/lei agli altri: “Ciao nonna, ecco il mio Lui”. Lui? Lui chi? Lui.
– convivente: un pelo più affettuoso di coinquilino ma veramente poco coinvolgente. Per assurdo poco conviviale. Come tornassi a casa e lo /la trovassi lì per caso. “E tu chi sei?”
– moglie/marito: beh è il top. Inattaccabile. In omaggio ci sono un suocero e una suocera, taluni cognati e una fantastica unione nel sacro vincolo del mutuo. Vincolo ben più forte di quello del matrimonio: lo stato accetta, la chiesa tollera, la banca no.
In definitiva qual è il modo più bello? Mia nonna quando parlava di due persone tra cui c’era intesa diceva “si guardano” o “si parlano”. Modo di dire sicuramente desueto, molto poetico e molto soft. Mette veramente tanta, troppa distanza.Forse lei da giovane diceva “quello che guardo” o “quello con cui parlo”?
Non mi è dato di sapere ma c’è qualcosa che non mi torna: mio nonno e mia nonna devono aver parlato e si devono essere guardati molto, ma molto intensamente. Forse troppo, visto che alla fine è nato mio padre. Allora forse non c’era tutta questa distanza.
Alex