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Tutte le verità sopra e sotto le lenzuola
Stasera lei sarà a casa tua e molto probabilmente, finalmente, te la darà. Decidi quindi di fare un investimento a lungo termine per la migliore riuscita dell’operazione: cambiare le lenzuola. E’ d’obbligo.
L’inizio è semplice: togli quelle vecchie e prendi quelle pulite. Poi la strada diventa subito in salita: il lenzuolo con gli angoli. Da anni sospetti che non sia quadrato ma sai anche che per quanto ci penserai non capirai mai qual è il lato più lungo. Quindi parti a caso. Metti il primo angolo, metti il secondo e da quel momento in poi ogni volta che metterai un ulteriore angolo se ne leverà uno messo in precedenza. Tiri il lenzuolo, inarchi gli angoli del materasso verso l’alto ottenendo qualcosa che ha la forma di una gondola sotto un telo. Quando ti rendi conto che è come cercare di mettere un profilattico a una zucca levi tutto, giri di 90 gradi e riprovi. E’ giusto un po’ più facile ma non banale. Alla fine ce la fai anche se il lenzuolo è talmente teso che suona come un tamburo. C’è un concretissimo rischio che sul più bello scatti tipo trappola catturando te e lei. Pazienza.
Passo due: il lenzuolo di sopra. Hai visto 1000 volte tua mamma e tua nonna fare quel gesto. Loro aprivano il lenzuolo, capivano immediatamente dai bordi e dagli orli l’orientamento corretto e si avvicinavano al letto col piglio deciso del torero che si avvicina al toro col drappo in mano. Pochi attimi di studio e via, ampio gesto delle braccia a metà tra Kenshiro e pescatore che lancia la rete, il lenzuolo saliva su in aria vicino vicino al soffitto, si distendeva, si gonfiava e scendeva perfetto sul letto. Fine. Ricordo chiaramente che il lenzuolo di mia nonna stava anche alcuni secondi sospeso nel vuoto e poi scendeva ruotando lentamente tipo giostra. A quel punto la mamma e la nonna facevano un giro a piccoli passi lungo tutto il perimetro del letto, controllavano col calibro la lunghezza del lenzuolo da un lato e dall’altro, verificavano che il letto fosse in bolla e il lavoro era finito.
Tocca a te. Se la genetica non è un’opinione Kenshiro e il pescatore sono anche un po’ nei tuoi geni. Ma di sicuro nei tuoi geni non c’è la capacità di capire come girare il lenzuolo. Temporeggi chiedendoti perché invece di quei cazzo di disegnini non facciano delle belle frecce o delle scrittone tipo: “sopra” “sotto”, “destra” e “sinistra” e quindi parti a caso. Praticamente è uno stile. Trattieni il fiato, ti concentri, lanci il lenzuolo in aria. E si impiglia irrimediabilmente nel ventilatore a soffitto. E lì resta, pendulo. Va beh…lo riprenderai dopo.
Prendi il lenzuolo di riserva. Ritenti svariate volte e piano piano ti avvicini al risultato. Quando il tuo lenzuolo ha fatto più lanci di Patrick De Gayardon, giace finalmente sul letto. Ma pure lui, proprio come Patrick De Gayardon dopo l’ultimo lancio, proprio perfetto non lo è. Ma soprattutto non è dritto. Aggiusti come riesci e basta perché ti sei oggettivamente rotto il cazzo.
Riguardi il tutto. Se la luce radente mette in evidenza la cellulite la stessa luce radente mette in evidenza le pieghe del lenzuolo. Bene, saremo in due a voler trombare in penombra.
La serata va per il meglio. E tra l’altro se la serata va veramente per il meglio pochi cazzi…quel lenzuolo pulito non lo è più. Va beh…ne è valsa la pena. Sei felice, soddisfatto, meglio non poteva andare. Lei sdraiata a pancia in su, anzi a tette in su
– Alex
– Dimmi Alexova
– Posso chiederti una cosa?
– Si
– Perché tieni un lenzuolo sul ventilatore?
Potresti spiegarle la storia della nonna torero, di Kenshiro e di Patrick De Gayardon…ma non ci crederebbe mai
– quando lavo le lenzuola le stendo lì…asciugano prima. E poi fa più aria quando gira…….
– eeeeeeeeeeeee?!?!?!? stai scherzando?
– sì, e se mi vuoi bene cambi discorso
– sei mai stato a Berlino?
Alex
E grazie al …
Prima o poi arriva per tutte quel momento della vita in cui, ignare di ciò a cui si sta andando incontro, entriamo in una profumeria per acquistare uno di quegli intrugli magici che farebbero sembrare anche Barbara D’Urso ventenne. Perché a tutte, diciamocelo, mostrare qualche anno in meno schifo non fa…
Così, con ingenua nonchalance, mi decido a varcare la soglia in uno di questi luccicanti e immensi gironi infernali per cercare la mia pozione di bellezza.Creme, cremine, cremette, profumi seducenti che trasformerebbero qualsiasi carciofa in una femme fatale… Appese qua e là, foto di culi marmorei di ragazze quindicenni sui quali campeggia la scritta “ sconfiggi la cellulite!!!”( e grazie al cazzo )…E altre pubblicità di avvenenti ventenni con la pelle di pesca ( e grazie al cazzo II ) ottenuta “con sole due settimane di applicazione del nuovo intruglio antirides”, innovativo prodotto a base di staminali estratte dalla cacca di petauro della frutta. Già mi sento una merdina io perché quel culo e quella pelle nemmeno a 20 anni io li avevo, quindi, ora, eviterei di spalmarmi la cacca di petauro anche se mangia solo frutta.
Mentre sono assorta in queste considerazioni filosofiche, vengo abbordata dalla commessa, ovviamente scelta strafiga dalla direzione del negozio per far sì che le clienti come me si sentano ancora più merde, quindi più propense agli acquisti. La commessastrafiga, che mi sembra uscita dall’asilo ieri, con la bocca ancora sporca di latte, mi chiede:
“ Buongiorno signora, posso aiutarla?”
E ‘sta poppante, che non sa di essere fortunata in quanto ancora non le ho spaccato i denti, continua:
“ Abbiamo in promozione questa nuova fantastica crema antirughe, eccezionale per borse e zampette di gallina, proprio adatta a lei. Vuole provarla?”
Borse??? Zampe di gallina??? Ma io non ho le borse sotto gli occhi e in quanto alle zampette beh, insomma, qualcuna sì, ma mica così tante, insomma… E in quel momento mi accorgo di essere circondata da centinaia di specchi, che nemmeno al luna park, e che quella sciattona con la sciarpa verde di fronte a me non è una vecchia maestra in pensione, ma sono io!!!!! ‘Sti specchi stronzi, strategicamente illuminati da luci stronze messe ad hoc da personale stronzo, mostrano una me con due cisterne rigonfie al posto degli occhi, la pelle della faccia di un colorito grigio topo e solchi ai lati degli occhi-cisterna ( che fino a 5 minuti prima avevo simpaticamente definito “ rughe d’espressione” perché sorrido spesso) profondi come canali da irrigazione!!! Le ginocchia mi cedono, mi si annebbia la vista e mi chiedo se per caso nel tragitto da casa non mi sia venuta la matusalemmite acuta. Mi maledico per non aver mai usato una di quelle cremine miracolose prima.
Esco dal girone infernale con tre barattolini microscopici e 200 euro in meno. Vado quindi a casa di mia madre per elemosinare una cena . Lei guarda perplessa i miei acquisti:
Mamma : Ma Meli, che spendi ‘sti soldi a fare? Non è mica il caso, mica le hai tutte ‘ste rughe.
Meli: Cara mamma ti lovvo tanto, sei la mia mamma preferita .
Mamma: Perché piuttosto non ti fai qualche massaggio linfodrenante? Ne avresti bisogno sai?
Meli
28 Centimetri
Ed eccolo, puntuale, arriva ogni anno. Stronzo!
Peggio delle tasse, peggio del cambio dell’ora, peggio del Natale con le lucine finte di sorrisi tirati: il giorno del mio compleanno.
E si, perché di festeggiarlo ho smesso almeno un lustro fa’, quando la punta delle decuplicatesi candeline ha cominciato a rovinare il grazioso motivo di panna e cioccolato del decoro della torta. Tolte le candeline, il malcapitato dolce della consolazione rimaneva tutto crivellato di buchetti, odiosamente simili ai buchi di cellulite che sicuramente la fetta del peccato sarebbe andata ad alimentare. Così ho messo di festeggiare. Si, si, lo so: le candeline non sono necessarie. Ma se non soffi il desiderio non si avvera… Si, si, lo so, esistono anche quelle coi numeri, ne sarebbero bastate due, ma è umiliante vedere la cifra sbandierata così, senza neanche dover contare i lumini…. Quindi ho deciso che ricomincerò con torte e candeline quando il dolce commemorativo potrà ospitare orgogliosamente tre numeri. Tanto, se sopravvivo, chissenefrega della cellulite?
Pranzo in famiglia quindi, con il “ buon compleanno” di mia madre stoppato sul nascere da un paio di occhi, i miei, preoccupantemente simili a quelli di Jack Nicholson nell’atto di impugnare l’ascia.
Impugno la forchetta , invece, e con serafica calma infilzo arrosto e patate . Io odio l’arrosto, mia madre lo sa, il cucinarmelo il giorno del mio compleanno fa parte del suo materno, intimo, premuroso sadismo originato dalla mia, secondo lei, androfobia con la quale scaccio ogni ipotesi di marito. L’arrosto era un presagio. Mai sottovalutare i segnali!
Poi eccolo, fugacemente nascosto tra il portafrutta e l’orologio a cucù da tavola di nonna Vittorina, fa capolino un ricciolo di nastro argenteo confinante con la carta a ochette gialle riciclata da Pasqua, ma chissenefrega, l’importante è che dentro ci sia il mio regalo! Perché, non ve l’ho detto, ma anche se ho smesso di festeggiare, non è che i regali abbiano cominciato, così all’improvviso, a farmi schifo.
Ritornata improvvisamente all’età mentale di 5 anni, afferro festante il pacchetto da cui emerge, dietro pezzi delle ochette strapazzate, una meravigliosa ….padella!!! Ah, modernissima eh ! Di quelle di ultima generazione, con particelle in pietra e fondo alluminio doppia forza auto riscaldante autopulente auto cucinante, anti olio anti attaccante anti graffio anti tutto. Garantita a vita. Piu’ resistente di un diamante, che pure, si sa, è per sempre. Diametro 28.
Una domanda sorge spontanea :
-Mammi, cosa me ne faccio di questa padella? E’ enorme!
-Beh, così cucini quando vengono gli amici, visto che sei sola…
-Ma mamma io non ho truppe di amici che mangiano a sbafo da me tutti i giorni.
Avrei voluto dirle che io, di 28 cm, avrei desiderato qualcos’altro. Che dico! Anche una decina in meno… Si sa: chi s’accontenta…
La sera ci ho fatto cuocere la cena dei miei 28 cm in pietra: un uovo. Ed era così piccolo, solitario e sperduto in quella superficie enorme che mi ha fatto tenerezza. Ne ho messo un altro, a tenergli compagnia.
Per l’altro 28 cm, farò una letterina a Babbo Natale. Non in pietra però.
Meli