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28 Centimetri

Ed eccolo, puntuale, arriva ogni anno. Stronzo!

Peggio delle tasse, peggio del cambio dell’ora, peggio del Natale con le lucine finte di sorrisi tirati: il giorno del mio compleanno.

E si,  perché di festeggiarlo ho smesso almeno un lustro fa’, quando la punta delle decuplicatesi  candeline ha cominciato a rovinare il grazioso motivo di panna e cioccolato del decoro della torta. Tolte le candeline, il malcapitato dolce della consolazione rimaneva tutto crivellato di buchetti, odiosamente  simili ai buchi di cellulite che sicuramente la fetta del peccato sarebbe andata ad alimentare. Così ho messo di festeggiare. Si, si, lo so: le candeline non sono necessarie. Ma se non soffi il desiderio non si avvera… Si, si, lo so, esistono anche quelle coi numeri, ne sarebbero bastate due, ma è umiliante vedere la cifra  sbandierata così, senza neanche dover contare i lumini…. Quindi ho deciso che ricomincerò con torte e candeline quando il dolce commemorativo potrà ospitare orgogliosamente tre numeri. Tanto, se sopravvivo, chissenefrega della cellulite?

Pranzo in famiglia quindi, con il “ buon compleanno” di mia madre stoppato sul nascere da un paio di occhi, i miei, preoccupantemente simili a quelli di Jack Nicholson nell’atto di impugnare l’ascia.

Impugno la forchetta , invece, e con serafica calma infilzo arrosto e patate . Io odio l’arrosto, mia madre lo sa, il cucinarmelo il giorno del mio compleanno fa parte del suo materno, intimo, premuroso sadismo originato dalla mia, secondo lei, androfobia  con la quale scaccio ogni ipotesi di marito. L’arrosto era un presagio. Mai sottovalutare i segnali!

Poi eccolo, fugacemente nascosto tra il portafrutta e l’orologio a cucù da tavola di nonna Vittorina, fa capolino un ricciolo di nastro argenteo confinante con la carta a ochette gialle riciclata da Pasqua, ma chissenefrega, l’importante è che dentro ci sia il mio regalo! Perché, non ve l’ho detto, ma anche se ho smesso di festeggiare, non è che i regali abbiano cominciato, così all’improvviso, a farmi schifo.

Ritornata improvvisamente all’età mentale di 5 anni, afferro festante il pacchetto  da cui emerge, dietro  pezzi delle ochette strapazzate, una meravigliosa ….padella!!! Ah, modernissima eh ! Di quelle di ultima generazione, con particelle in pietra e fondo alluminio doppia forza auto riscaldante autopulente auto cucinante, anti olio anti attaccante  anti graffio anti tutto. Garantita a vita. Piu’ resistente di un diamante, che pure, si sa, è per sempre. Diametro 28.

Una  domanda sorge spontanea :

-Mammi, cosa me ne faccio di questa padella? E’ enorme!

-Beh, così cucini quando vengono gli amici, visto che sei sola

-Ma mamma io non ho truppe di amici che mangiano a sbafo da me  tutti i giorni.

Avrei voluto dirle che io, di 28 cm, avrei desiderato  qualcos’altro. Che dico! Anche una decina in meno… Si sa: chi s’accontenta…

La sera ci ho fatto cuocere la cena dei miei 28 cm in pietra:  un uovo. Ed era così piccolo, solitario e sperduto in quella superficie enorme che mi ha fatto tenerezza. Ne ho messo un altro, a tenergli compagnia.

Per  l’altro 28 cm,  farò una letterina a Babbo Natale. Non in pietra però.

Meli

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Da bambina pensavo che

– mi sarei sposata col mio compagno di banco Guido. E sarebbe stato per sempre.
– avrei avuto due figli, un maschio e una femmina, e li avrei chiamati Marco  ( come il bambino protagonista di uno struggente cartone animato che parte da solo per l’Argentina alla ricerca della mamma) e Romina ( la mia  vicina di casa bionda e boccolosa, accidenti a lei).
– avrei fatto la maestra, forse perché la maestra sapeva tutto, come la mamma, ma di più.
– volevo fuggire di casa per andare non so dove , bastava star lontana da mia sorella grande che mi mollava sberloni tutti i santi giorni.
– da grande avrei avuto  tutte le risposte, come la maestra, e che niente avrebbe potuto spaventarmi .
– la signorina Rottermaier fosse una vera stronza,  e piangevo guardando Remì, Candy Candy e anche Heidi, quando Clara torna a  camminare.
– avrei avuto una casa grande, col giardino e il cane, oltre al marito e ai figli ovviamente.
-la barba di Babbo Natale pungesse come lana, e il suo naso assomigliasse sospettosamente a quello di mio zio Nino.
– per far nascere un bambino, mamma  e papà dovessero strofinarsi nudi fino a quando gli spermini di papà, simili a girini,  sarebbero usciti dal pisello ( termine piu’ edulcorato di pene) del papà per  entrare  nella pancia della mamma attraverso la patatina ( termine più edulcorato di vagina) dove avrebbero incontrato  un uovo ( come quello di  gallina ma molto molto più piccolo).
Questa la fantasiosa metafora dal titolo “ illustra il sesso al tuo bambino” ottenuta da un interessante connubio di spiegazioni materne a scolastiche.
La scoperta del reale sistema idraulico che porta al concepimento, dell’erezione maschile a dirla  in breve , mi ha lasciata sgomenta, rivoluzionato il mio  mondo di bambina di 10 anni.  Mai avrei pensato che il pisello ( quel salsicciotto poco invitante usato da mio fratello per fare pipì e al quale mai mi sarei avvicinata),  potesse cambiare forma e consistenza e introdursi dentro la, la..la vagina per andare a cercare un uovo, e lì appresso depositare il suo carico di impaziente vitalità. Insomma, io pensavo, nella mia tenera ingenuità infantile, che il prezioso carico venisse depositato all’ingresso del porticato  e non a domicilio. Un po’ come i pesci che spruzzano le uova deposte delle pescie, insomma.

Scoprii che così non era per mezzo di  mia sorella grande che sfogliando  un libro di scienze ancora a me inaccessibile shignazzò alla sua amica “ sembra un appendiabiti”.
Ma come un appendiabiti??? Insomma, che c’entra l’appendiabiti? La risposta mi colse inaspettata  come un’ondata di acqua gelida. Mi sentii  come quando a sei anni mia sorella ( sempre  quella) mi disse “ Certo che era zio Nino a portare i regali, Babbo Natale non esiste, stupida”.
Ma perché mai mi era stata nascosta una tale verità sui rapporti fra adulti? E la mitica maestra? Perché non me lo aveva detto? E la mamma e il papà quindi non si limitavano a strofinarsi nudi. Noooo, c’era di più , molto di più. E quali altre bugie, oltre ala sesso e a Babbo Natale, mi avevano raccontato?
Delusa dal sistema scolastico e dalla approssimativa e  grossolana gestione familiare della mia educazione sessuale decisi che non  volevo piu’ fare la maestra, né tantomeno mi sarei sposata: mai e poi mai avrei permesso a quel coso di sondare le mie intimità. Tu stai a casa tua, salsicciotto gommoso,  che io sto nella mia. E quindi non avrei avuto figli . E nemmeno un cane. Tiè.
E forse anche la signorina Rottermaier non era poi così stronza: se era signorina, non si era sposata, forse proprio perché non voleva nemmeno lei quei cosi nel suo letto. Di colpo la signorina Rottermaier mi stette un poco più simpatica. E poi, alla fine, quando Clara muove i primi passi, si commuove e chiede pure scusa.

Con  seconda media e l’incontro con Simon Le Bon cominciai a valutare un futuro diverso rispetto a quello monacale dei  miei rivoluzionari 10 anni. In fondo, non mi sarebbe spiaciuto strofinarmi con lui e il solo pensiero mi faceva avvampare in pensieri notturni per  me allora ancora  inconfessabili. Ovviamente Simon mai nemmeno mi  degnò di uno sguardo…Stronzo.

La mia scoperta del sesso ebbe luogo molti  anni dopo, quando  con nuova meraviglia  scoprì che la pelle che ricopre il pene è mobile e grinzosa, come quella di certi cani pieni di pieghe.
E che non necessariamente il sesso si fa per avere bambini.
E che il preservativo è scomodo ma necessario.
E che forse la signorina Rottemaier era stronza perché non trombava.
E che da grandi non si hanno tutte le risposte.

Babbo Natale invece….Lo aspetto sempre.

Meli

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