Categoria: I post di Alex
La vera storia di un uomo d’azione, d’azione semplice, non di cultura
Parigi, estate del 1911. Vincenzo è un imbianchino di origini italiane emigrato in Francia per lavorare. Assunto dalla ditta del signor Gobier, lavora nel museo del Louvre, insieme ad altri operai, con il compito di pulire i quadri e coprirli con cristalli. Come un buon marito durante le pulizie di Pasqua.
E’ il 21 agosto, un lunedì, giorno di chiusura del museo. Vincenzo si alza molto presto quella mattina perché vuole rubare la Gioconda. Ha un piano? Sì: entrare nel museo, staccarla dal muro e portarla via. Un piano così cretino non lo si vedeva dai tempi in cui Annibale decise di attraversare le Alpi con gli elefanti. Ma Vincenzo pensa che la forza del suo piano sia proprio la semplicità. E quindi si reca al Louvre, entra dall’ingresso Jean Goujon, va nella sala in cui si trova il quadro, lo stacca dalla parete, toglie la cornice ed esce nascondendo la preziosa tela sotto la giacca. Nessuno lo vede.
Fine. Il piano, per quanto cretino, ha funzionato. Come quello di Annibale.
Ora è fuori dal museo, ha la Gioconda sotto la giacca e cosa fa? Quasi a rimarcare questo suo “stile” improntato sulla semplicità, non solo prende l’autobus ma lo prende nella direzione sbagliata. Non si scompone; scende alla prima fermata e resosi conto che di autobus non è tanto pratico, chiede un passaggio. Con la Gioconda sotto il braccio tipo baguette.
La casa di Vincenzo è una stanza in rue de l’Hopital Saint Louis. E’ molto umida e lui teme che l’umidità possa rovinare il quadro. Allora esce di casa e, raggiungendo il paradosso, va da un amico, che si chiama come lui e che abita nello stesso palazzo, e suona il campanello. Non ci è dato di sapere cosa si siano detti i due…ma immagino qualcosa tipo:
– Vince’…mi puoi tenere questa tela per qualche tempo?
– Ma certo Vince’. Ma dove l’hai presa?
– In edicola. C’è la raccolta “I grandi quadri della storia”. In omaggio col primo numero c’era la Gioconda e il raccoglitore.
L’amico gli crede. Meraviglioso. A quel punto il nostro Vincenzo torna a casa, costruisce una scatola di legno sotto al tavolo per custodire il quadro e dopo qualche tempo se lo va a riprendere e ce lo mette dentro. La Gioconda sparisce e per anni non si hanno più sue notizie.La casa di Vincenzo viene anche perquisita, ma i gendarmi francesi non guardano sotto il tavolo e lui la passa liscia. La storia potrebbe finire così. Vincenzo a quel punto poteva pure appende la tela in casa e godersela la sera. Fanculo l’umidità. Ma no, non è il tipo. Lui è un uomo d’azione, d’azione semplice, ma pur sempre d’azione.
Autunno 1913. Alfredo Geri, un collezionista d’arte fiorentino, decide di organizzare una mostra d’arte nella sua galleria. Mette un annuncio sui giornali e chiede ai privati di prestargli delle opere. Chi risponde? Vincenzo! Poteva farsi i cazzi suoi, ma no. Scrive e propone la vendita della Gioconda a patto che poi venga custodita in Italia. Astutissimamente si firma con un nome falso: Monsier Léonard V.
Alfredo Geri gli risponde “va bene”, si danno un gancio a Firenze, Vincenzo si presenta all’appuntamento ma trova i carabinieri, che, più furbi dei gendarmi francesi, lo arrestano, insospettiti da quella tela che teneva sotto il braccio tipo baguette. Lui prova a ingannarli con la storia della raccolta di quadri comprata in edicola, ma non gli credono.
Viene processato nel giugno del 1914 e condannato a un anno e 15 giorni di prigione. La pena viene poi ridotta a sette mesi (come capita a tutti tranne che a Fabrizio Corona). Il giorno in cui esce dal carcere, trova ad accoglierlo un gruppo di studenti fiorentini che gli danno il risultato di una colletta fatta per il patriottismo che ha dimostrato: 4500 lire. Una cifra enorme. Vincenzo partecipa alla prima guerra mondiale e finisce in un campo di prigionia. Dopo la guerra, nel 1921, sposa Annunciata. Anche a questo punto la storia potrebbe di nuovo finire così. Ma ancora no. Vincenzo non riesce a vivere sereno e farsi i cazzi suoi. Quindi falsifica i documenti, sostituendo il suo nome con Pietro, e dove va a vivere? A Saint-Maur-des-Fossés, un paese vicino a Parigi. Nel 1924 nasce sua figlia Celestina. Per tutta la vita, da tutti, sarà chiamata Giocondina. E qui la storia finisce per davvero.
Perché rubò la Gioconda?
Vincenzo Peruggia passò la vita a dichiarare di averlo fatto per patriottismo.Disse che non poteva tollerare che un quadro italiano fosse stato sottratto da Napoleone e portato in Francia. Morì nel 1925. La domanda è: avrà mai saputo che la Gioconda non è stata sottratta da Napoleone ma fu portata in Francia dallo stesso Leonardo?
Non lo so ma non è importante. Del resto Vincenzo era un uomo d’azione, d’azione semplice, non di cultura.
Alex
IKEA per lui, IKEA per lei.
Perchè un uomo va da IKEA la domenica pomeriggio?
Nessun uomo libero e sano di mente metterebbe mai piede da IKEA la domenica pomeriggio. Ma se vai da IKEA la domenica pomeriggio è pieno di uomini. Tutti hanno al fianco una donna e questo li rende o non liberi, o non sani di mente. E infatti sono tutti caduti nella trappola bastarda che si cela dietro una frase apparentemente innocua, tipo
– Amore…facciamo un giro da IKEA? Voglio solo comprare 6 bicchieri da usare tutti i giorni.
La parola “solo” è evidentemente il cardine della trappola.
Come vive l’esperienza di IKEA un uomo?
Con consapevole rassegnazione. Egli sa che non potrà andare da IKEA, prendere i 6 bicchieri e uscire. Ma dovrà vedere cucine, salotti, poltrone, sedie, lavatrici, frigoriferi, scrivanie e scopini del cesso a forma di maiale. D’altra parte, anche dalla donna che ha al suo fianco voleva una sola cosa. Ma ha dovuto sposarsi, fare un mutuo e arredare la casa con cucine, salotti, poltrone, sedie, lavatrici, frigoriferi, scrivanie e scopini del cesso a forma di maiale. IKEA è la metafora della sua vita.
Perchè una donna va da IKEA la domenica pomeriggio?
Per comprare 6 bicchieri da usare tutti i giorni.
Come vive l’esperienza di IKEA una donna?
Una donna che entra da IKEA subisce una serie di modificazioni celebro-fisiologiche assai complesse. Ecco le più note:
Privazione delle forze negli arti superiori. Qualsiasi sacchetto, lampada, incudine, armadio li può portare solo l’uomo. Le mani di lei hanno giusto la forza di indicare le cose da prendere e sostenere il fogliettino e la matitina.
Ingegnerizzazione. Anche donne che fino a prima di entrare non sapevano quanti centimetri ci fossero in un metro e che pensavano che i tasselli fossero i cuccioli dei tassi, improvvisamente si siedono su una sedia a caso e, brandendo la matitina, tracciano sul fogliettino il progetto per la nuova cucina, in assonometria isometrica, con tanto di quote con le misure. Sbagliate ma ci sono. L’immagine prodotta è ingrandibile e ruotabile come se fosse su un iPad. E quella cucina diventa la loro ragione di vita. Lei misura quella cucina in numero di volte in cui potrà accenderci il Bimby dentro per cucinare. Lui la misura in numero di giri da fare con la brugola per montarla. A conti fatti vengono circa 1.000.000 di giri per ogni cena preparata col Bimby. Conviene andare al ristorante. Costa meno ed è già montato.
Salmonizzazione. Si verifica nel momento in cui lei decide che bisogna tornare indietro nel percorso guidato, risalendo il flusso di persone in contromano, come i salmoni, per prendere qualcosa che è stato visto 20 minuti prima. E risalire il flusso di persone la domenica pomeriggio è giusto un po’ più complicato che andare sotto al palco ad un concerto dei Metallica e cercare di convincere tutti a fare un coro gospel. Eppure lei, con la determinazione di un cane molecolare, arriva all’obbiettivo, trascinando l’uomo mediante apposito anello fissato al naso, tipo bue che tira l’aratro tra gli scaffali Billy.
Interessamento per l’inutilità. L’esempio classico: il pacco di lumini da 100. Che è eccessivo anche se fai parte delle Bestie di Satana e tracci pentacoli coi lumini ai giardinetti in tutte le notti di luna piena. Eppure IKEA rende irresistibili al cervello di lei cose talmente idiote che, appena esce, le guarda e le butta in un cestino del parcheggio prima di arrivare alla macchina. I dipendenti, alla sera, le raccolgono dai cestini e le rimettono in vendita in modo che lei possa ricomprarle alla volta successiva.
All’uscita:
– Amore, abbiamo dimenticato i bicchieri
– Pazienza cara, beviamo nei lumini
– Vero. Andiamo a comprare il Bimby?
Alex
Classificazione delle cene natalizie. E altre brutture del Natale
La cena con gli amici che vedi sempre. Fatta con gente che vedi 415 volte l’anno ma, per un tacito quanto ipocrita accordo, l’atteggiamento di tutti deve essere quello di persone che non si vedono da anni e non si rivedranno per anni. Altrimenti che cazzo ci si vede a fare?
Discorsi tipici: gli stessi che hai fatto il giorno prima e che farai anche il giorno dopo. Con le stesse persone.
La cena con gli amici che non vedi e non senti mai. E se non li vedi e non li senti mai un motivo ci sarà, no?
Discorsi tipici: si enunciano le motivazioni per cui, nonostante ci sia una reciproca, continua, vigorosa, evidente voglia di vedersi non si riesce a farlo. Ci si accomiata con frasi tipo “ma non aspettiamo un anno per rivederci” e si pensa “aspettiamone almeno due”
La cena coi colleghi. Li vedi 8 ore al giorno per 200 giorni l’anno. Molto più dei tuoi figli o dei tuoi genitori. Doneresti un testicolo per stare a casa sul divano (cosa che ti salverebbe massimo per due anni) ma, data la presenza del tuo capo, non solo sei presente ma sei anche affabile come un koala sotto ipnosi e ostenti un sorriso grande come Piazza Navona. Fontane incluse.
Discorsi tipici: sono una composizione estesa delle frasi da ascensore. Quelle formate da tre parole che si dicono per alleviare il disagio creato dalla vicinanza di un estraneo (fa proprio freddo, è già Natale, i figli crescono)
La cena dell’associazione/circolo legato al tuo hobby. E’ quella in cui conosci i mariti e le mogli dei tuoi amici. E allora finalmente capisci perché trovino qualsiasi scusa per stare fuori casa ad ogni costo.
Discorsi tipici: tutti legati all’hobby in questione. Per evitare matrimoni in frantumi sono rigorosamente da evitare domande quali “Come mai al giovedì non vieni mai?”
La cena (o pranzo) di famiglia. In ogni pranzo o cena natalizia di famiglia sono identificabili dei denominatori comuni:
– A fine pasto ci sono i litchi e/o i mandarini cinesi. Come fosse un’antica tradizione italiana. Li vedi solo e soltanto a Natale e Capodanno e ogni volta che tocchi un mandarino cinese qualcuno sente il bisogno di dire “si mangia anche la buccia”. Anche perché…come cazzo li sbucci?
– C’è sempre una vecchia zia/nonna che da 20 anni pensa di avere 30 anni e ti confonde con suo fratello. Mangia mandarini cinesi come non ci fosse domani perchè “le ricordano la sua giovinezza”. Nel 1930 i mandarini cinesi erano evidentemente diffusissimi
– C’è un’altra zia o nonna che ti regala un maglioncino marrone. Uno l’anno. E infatti hai 40 anni e anche 40 maglioncini marroni inutilizzati nell’armadio.
Discorsi tipici: molto vari, purché le più serie e imbarazzanti questioni morali e personali vengano sbattute sul tavolo, tra i mandarini cinesi, sotto gli occhi di tutti. Frasi come “perché non vi sposate?”, “perché vi siete sposati?”, “quando ci fate diventare nonni?”,”sei incinta o sei solo grassa?” sono all’ordine del giorno.
Il pranzo/cena di Natale con la famiglia ha un unico, grande pregio: è l’ultimo. Almeno fino all’anno successivo.
Alex
Una franca opinione su Vasco Rossi
Se hai 40 anni, sei Italiano ed hai ascoltato musica, con Vasco ci sei cresciuto. Volente o nolente. Non è stata una scelta. Alla gita di terza media qualcuno aveva una cassetta di Vasco e ha chiesto all’autista di metterla nel mangianastri del pullman. Faceva figo e doveva piacerti. Stop. E doveva piacerti da Torino a Roma, e ritorno. Non sono 10 minuti. Bene, dopo 30 anni hai le stesse canzoni in mp3 sul portatile. Cazzo ma le stesse, proprio quelle! Ma Vasco lo ascolti ancora?
No. E non lo ascolti per lo stesso motivo per cui non ripeti il tuo nome e il tuo cognome in continuo. Li sai già, e bene; non ne hai bisogno. E lo scopri il giorno in cui esce il suo nuovo singolo e tu, senza averlo mai sentito prima, lo canti insieme a lui. E non sei Vasco; di questo ne sei sicuro. Infatti talvolta sbagli mettendo degli “eeeeeeeeee” dove lui dice “aaaaaaaaaaa” e viceversa.
Ma, se lo intervistano in TV, ti fermi a guardarlo ipnotizzato. E tua mamma, come da 30 anni a questa parte, ti guarda e ti dice “…ma lo ascolti ancora? Non si capisce un cazzo di quello che dice!”.
E finalmente, dopo 30 anni, cogli il segreto di Vasco e hai la risposta in mano, quella giusta da dare alla mamma, quella che anche a te fa capire perché lo ascolti affascinato:
“Mamma, è proprio quella la sua grandezza: che non si capisce un cazzo!”.
Già. Fans mantenete la calma e siate,anzi siamo, obbiettivi.
Vasco,se capisce la domanda, ride. Se la capisce. Ma poi non è che risponde. Parla. Parla a caso di quello che aveva nel cervello, a caso. Cervello prodigioso, dal momento che ha partorito le parole “la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia” ma è anche lo stesso cervello che, nelle interviste, produce frasi in cui, se levi le espressioni “hai capito?” e “eeeeeeeeeee”, non resta nulla. Ma nulla nulla.
D’altra parte, dai meandri dello stesso intelletto, è uscito “i bambini dell’asilo stanno facendo casino, ci vuol qualcosa per tenerli impegnati, ci vuole uno spino” (che forse aiuta a vivere la vita come un brivido). Ma tornando a noi, dove sta il pregio nel parlare in modo tale che non ci si capisce un cazzo?
Nella coerenza.
Perché se prendi un video di un’intervista di 30 anni fa, già non si capiva un cazzo. Esattamente come oggi. Vasco era, ed è, perfetto e immutabile. E soprattutto inattaccabile. Anche perchè quali opinioni attacchi? Non si capiscono.
E quindi? E quindi sul mio zainetto Invicta (esiste ancora l’Invicta?) c’era scritto “chi non capisce Vasco non capisce un cazzo”. Forse avevo ragione ma, tornassi indietro di 30 anni, aggiungerei sotto “sí, ma anche se capisci Vasco sono cazzi”.
Con immutato rispetto per il Komandante.
Alex
p.s.
Comunque Torino-Roma in pullman è lunghissima. Anche con Vasco
Se sei in pace col mondo non andare su Facebook
Se sei in pace col mondo non andare su Facebook, perché potresti scoprire che:
– La farina 00 è il più grande veleno della storia. Azz….mia nonna ha vissuto 105 anni ignorando questa profonda verità. L’avesse saputo? Era ancora a ballare la mazurca con mio nonno. Duecentotrenta anni in due, felici come pochi.
– La farina di manitoba fa malissimo. E se anche non sai che cazzo è la manitoba, sappi che è ovunque. Ma proprio ovunque. Va beh, ma se è ovunque ci sarà meno farina 00
– Video shock: “Guarda cosa succede se metti un dente, per 24 ore, nella CocaCola”. Innanzi tutto succede che poi ti manca un dente, perché te lo sei cavato per far l’esperimento. Ma soprattutto, ma come ti viene in mente di provare? E un dente nell’acqua e menta o nell’olio di colza, no? Ma perché non tenere le palle a mollo nel limoncello per 24 ore e vedere che succede?
– “Lo sai che la Nutella è composta per il 75% di zucchero?”. E tu che pensavi fosse a base di pasta d’acciughe e non ti spiegavi quel retrogusto vagamente dolce….
– “Non bere acqua in bottiglia. Contiene arsenico ed è cancerogena”. Ma anche: “Il calcare presente nell’acqua del rubinetto fa male”. E quindi? La bevo dalle grondaie quando piove? Ci troviamo a bere lungo Po ai murazzi davanti a Giancarlo? Ditemi, ve ne prego.
– “Secondo uno studio pubblicato sulla rivista open-access Microbiome scambiarsi un bacio di dieci secondi equivale, più o meno, a trasferire quasi 80mila batteri da una bocca all’altra”. Ma quanti baci di 10 secondi si danno in un giorno? Pochi, almeno che non si sia un 15 enne, in gita scolastica, seduto nell’ultima fila del pullman. Lì sì, che si limona duro.
– Quando da piccolo vedevi in cielo la scia di un aereo e dicevi “Qualcuno mi pensa”, ti sbagliavi. Come eri ingenuo, che idea poco credibile. La verità, assolutamente credibile, che ancora non conoscevi, è che le scie degli aerei sono chimiche e sono generate intenzionalmente dai governi mondiali, in combutta con le perfide multinazionali, allo scopo di spargere agenti chimici sulle nostre teste. Il fine ultimo è quello di farci ammalare. Potrebbero spargere farina 00. O forse lo fanno ed è quella cosa che noi chiamiamo “nebbia”. Insomma, in definitiva, non sembra ancora più convincente la versione “qualcuno ti pensa”?
– I cerchi nel grano sono fatti dagli alieni. Ma certo, ovvio. Non può che essere così. Tu alieno fai parte di una civiltà che in migliaia di anni di evoluzione è arrivata a compiere viaggi interstellari, hai salutato i tuoi piccoli figli ET dicendogli che il padre sarebbe stato via per anni, ti sei fatto ibernare in una capsula criogenica, hai viaggiato attraversando la galassia per giungere là, dove nessun alieno era mai giunto prima, e che fai? Fai due freni a mano, col disco volante, in un campo di grano, lasciando due cerchi e te ne vai? Tipo suonare il citofono e scappare? Per vedere che faccia fa il contadino al mattino? Che delusione. Che ti aspetti da un alieno così burlone? Come minimo che se lo incontri, e ti porge il dito come ET, se glielo tiri scorreggia.
Speriamo che esistano altre forme di vita nell’universo, possibilmente più brillanti dell’alieno burlone scorreggione che fa i cerchi nel grano. Ma mentre le aspettiamo, non sarebbe utile scrivere meno cagate su Facebook?
Alex
Solo in Piemonte
– Un bimbo non lo si partorisce ma lo si compra.
– L’insalata si mangia nel grilletto
– Ci si sporca con la pauta.
– Ciulando si fa sesso, o si ruba o si inganna.
– Si fanno le uova sode nel fuiotto.
– Se non hai voglia di ruscare, non vai in giro ma vai in girula
– Dopo il caffè c’è il pusacafè
– Qualcuno mangia il sanguis ma non si osa dirlo
– Se esci di strada puoi finire in una bialera o in una ciuenda
– C’è l’albero della gasia e qualcuno è verde come una gasia
– Si beve al turet
– In due, per pagare, si può fare mecia
– Puoi essere il nipote di barba Pinu e magna Cia
– Dicendo frocio magari stai solo parlando di tuo fratello
– Se è bun’anima è sicuramente morto
– Sì è stati tutti gagni e tutti i gagni hanno avuto almeno un babacio
– Ci si da appuntamento alla mezza
– Si può sbrinciare la maglia col sugo e spatarare le briciole per terra
– Si toglie la cracia
– Se vuoi spronare: “sah”.Se non ne vuoi più: “bon”
– Si inizia con “ciao com’è”?
– Si lasciano due note di una sigaretta
– Nella bagna caoda si mettono i capinabò
– Ci sono le madame, le madamine e le tote (che possono diventare tutun)
– Si sta sotto la topia
– Si mangia nella piola
– Il muro può essere grutuluto
– Devi avere o le paterle o i patin per andare sul palchetto nel tinello
– C’è la ratavuloira, la boia panatera, il pitu e i babi. Meglio non star al pian dei babi
– Giuanin Lamiera ha fatto venire su i Napuli (o Mandarin)
– Si mangiano i ramasin
– Si fa merenda sinoira
– Puoi prenderti un bel badò
“D’ogni modo” concludo ringraziando mia nonna, bun’anima, per la meravigliosa espressione “Mangio un asinello d’uva” e mio nonno, anche lui bun’anima, per aver arricchito il mio lessico con una marea di appellativi con cui caratterizzare, all’occorrenza, le persone. Parole di antica quanto tagliente efficacia: badola balengo,ciaparat,fafiuché,piciu (meglio ancora piciu ‘d nata), paiasu, babaciu, fagnan, patelavache, blagheur, betè, ciamporgna (modernizzato in ciampa), ciospa, pepia, cuntabale, gadan, gasepio.
Belle nè?
Alex
Psicosi comportamentali femminili, quasi sempre simpaticamente innocue. Quasi.
La scontantezza. Da non confondersi con la “scontentezza”, fa riferimento alla perenne mancanza di denaro contante. Si manifesta tipicamente all’ingresso di un locale con la frase “Ops….non ho prelevato”, seguita da una faccetta tipo gatto di Shrek che svanisce solo alla frase di lui “Non ti preoccupare”. Si manifesta in modo più subdolo anche davanti alla cassa con la frase “Ops…ho solo un pezzo da 100”. Ce l’ha nel portafoglio dal 1 gennaio del ’99, sempre lui, sempre quello.
La bulimica-condivisione-acolpevole (BCA). Tu pizza e birra, lei insalata e mezza naturale perché è a dieta. Arriva la cameriera, la birra non fa in tempo a toccare il tavolo che lei
– ne bevo solo un sorso
Non hai tempo di proferir parola, abbassi lo sguardo e manca un pezzo di pizza. Di nuovo lei:
– non mi guardar così…ne bevo solo un altro sorso per mandar giù la pizza.
Strettamente connessa alla BCA esiste la condivisione-amorevole-coercitiva-acolpevole (CACA). A tavola al ristorante, tu apri il menù, lei pure. Tempo di assaporare l’idea di un panino salsiccia e crauti e:
– Amore ci dividiamo qualcosa?
– Ma io volevo un panino salsiccia e crauti
– Non ti andrebbe un mousse di asparagi e frutta secca da dividere in due?
– Ma …mmmmm
– E poi ti puoi prendere le patate fritte che te ne mangio due
– E il panino?
– No, ti fa male
L’Atecnologia. Come tua mamma e tua nonna ti usavano da piccolo per programmare il videoregistratore, con lo scopo di registrare le telenovele, le donne ti usano per districarsi nella tecnologia del secondo millennio. E lo fanno estraendo vocaboli a caso, tra quelli sentiti negli ultimi 12 anni da fonti autorevoli (la parrucchiera, Donna Moderna, Forum)::
– Amore, Magda mi ha mandato un sms con un video, possiamo vederlo sulla TV?
Tu reagisci con l’espressione del Koala a cui hanno tagliato l’eucalipto con un solo colpo d’ascia e lei, cogliendo il tuo disagio::
– Ma siiii con Whatsapp…Magda mi ha detto che il marito di Linda ci è riuscito….tipo forse serve Outlook? O un cd?
L’incomunicabilità prolissa. Squilla il telefono di lei ed è la sua migliore amica. Parlano 97 minuti, lei torna.
– cosa vi siete dette?
– niente
97 minuti di niente. Tu hai amici maschi che conosci da 20 anni e manco in totale avete parlato 97 minuti. Se ci aveste provato, vi sareste raccontati reciprocamente la vostra vita due volte e di minuti ne sarebbero avanzati 96. Che avreste usato per parlare di figa.
L’esternazione capellifera dello stato d’animo. Una donna se vuole può essere imperscrutabile per un uomo (ma anche se non vuole n.d.r). Sa non tradire pensieri ed emozioni e mentire meravigliosamente bene. C’è un solo elemento, che un uomo può utilizzare, per capire un eventuale profondo disagio della compagna: i capelli. E quindi, se la donna che ami, dopo anni, cambia pettinatura in modo drastico, fai le valige senza proferir parola e vattene. Lontano. Tu non sai perché, lei si. E mai lo saprai.
Alex
I 10 grandi perché della vita, senza risposta
1) Perché le scale mobili e il mancorrente non vanno alla stessa velocità? Sali sulle scale mobili e appoggi una mano al mancorrente. Se decidi di non muoverla ci sono due possibilità: o arrivi alla fine delle scale piegato in avanti un po’ più del gobbo di Notre Dame, o ti fletti all’indietro al punto che, se scatti, fai un salto in alto alla Fosbury di 2 metri e 7 centimetri. Che può essere utile per entrare nella metro senza pagare. Ma è così difficile farli andare alla stessa velocità?
2) Perché i gabbiani, che potrebbero volare sulle spiagge delle Maldive, in mezzo all’oceano Pacifico o su qualsiasi isola tropicale del mondo, vanno a vivere nella discarica di Borgaro?
3) Perché nell’eterna diatriba “è nato prima l’uovo o la gallina” nessuno pensa a dove si trovava il gallo? È fondamentale. Va bene avere la gallina, va bene avere l’uovo, ma dall’uno all’altro non si passa senza il gallo.
4) Perché le falene volano attorno alle lampadine? Oh tu falena che voli di notte perché odii la luce, ma perché svolazzi attorno alla mia lampadina? Attirata dalla luce? E allora vola di giorno e non rompere i coglioni.
5) Le falene (bis): dove volavano le falene prima dell’invenzione della lampadina?
6) Perché c’è l’imene? Oltre ad essere una sorta di fallace simbolo di garanzia, a che cazzo serve? (n.d.r. Chiedo scusa per l’uso della parola cazzo ma era d’uopo).
7) Perché il dentista ti regala lo spazzolino? Vai dal dentista, aspetti due ore, ti ficca trapani e siringhe in bocca ma alla fine ti regala lo spazzolino. A parte che, con quello hai speso, ci rilevavi la fabbrica degli spazzolini, ma la vera domanda è: oh dentista, quando vai dal meccanico poi ti regala una chiave inglese? Quando vai dal macellaio ti regala una mannaia? Quando vai dal parrucchiere poi ti regala un phon? No, e allora perché mi devi stressare con lo spazzolino?
8) Perché in casa spariscono i cucchiaini? Li buttiamo senza rendercene conto? O li ingoiamo? Si accoppiano ai calzini dando origine a un calzascarpe e un calzino spaiato? Spiegherebbe i calzini spaiati. Ma dove sono i calzascarpe?
9) Perché il concessionario che deve valutare un’auto usata, appena la vede, le tira un calcio alla ruota? Per disprezzo? Per far diminuire il valore dell’auto?
Come andassi in un negozio:
– che bella camicia, quanto costa?
– 60 euro
a quel punto sputi nel centro della camicia e poi come nulla fosse:
– sempre 60 euro nonostante la macchia?
– ha ragione, gliela sconto. Mi dia 30
10) Perché ho intitolato questo post “I dieci grandi perché della vita senza risposta” se me ne sono venuti in mente solo nove?
Alex
Piccoli miracoli di un grande elettrodomestico: la lavatrice
La lavatrice è in grado di compiere miracoli. Quali?
La moltiplicazione dei panni (ma non dei pesci). Metti 4 cose in lavatrice, aspetti il tempo che ci vuole, quando apri l’oblò ci trovi una quantità di roba enorme e stendi per un’ora. Più sei di fretta, più è grande l’effetto della moltiplicazione. Non funziona col denaro.
Concatenamento del vestiario. Durante il processo di lavaggio, la lavatrice, con meticolosa pazienza, concatena e compenetra tra loro i capi di vestiario. Il processo è lungo e complesso. Infatti il lavaggio in sè durerebbe pochi minuti, ma il processo di conca-compenetrazione lo fa durare anche due ore. Il risultato è però strabiliante: mutande infilate nelle maniche delle maglie, pantaloni annodati con nodo scorsoio, tovaglie dentro le federe dei cuscini e camice difficilmente riconducibili alla loro forma originaria se non scucendole e ricucendole.L’effetto più eclatante di questo prodigio lo si vede alla fine del lavaggio quando, dopo aver aperto l’oblò, è sufficiente tirare un lembo di qualsiasi vestito per estrarli tutti insieme a mo’ di matassa inestricabile.
La traslazione. La lavatrice è l’unico elettrodomestico, pensato per star fermo, che è in grado di muoversi per la casa. Seppur con andamento traballante, può girare liberamente nel locale in cui si trova e nelle migliori performance riesce ad andare ad appoggiarsi alla porta impedendo l’accesso al bagno.
L’invisibilità dei vestiti sporchi. La lavatrice rende invisibili i vestiti sporchi sparsi per casa. Quando si è nella fase di caricamento, è inutile farsi un giro per casa alla ricerca di indumenti da lavare. Essi ricompariranno solo un istante dopo aver premuto il bottone “on”. E ricompariranno non in un angolo nascosto della casa, ma bensì in bella vista.
La camminata sulle acque. La sua? No, la tua. Torni di notte alle 2, apri la porta, metti un piede in casa e senti ciaff. Accendi la luce e, se non muori folgorato, vedi per terra una pozzanghera, spessa alcuni millimetri, grande come tutta la casa. Come Gesù, cammini sulle acque fino alla lavatrice rotta, la spegni (se ancora è viva) e passi la notte a togliere acqua usando stracci, teli, asciugamani, tappeti, tende, coperte e te stesso. Quando il gallo canta, hai la casa che è un acquitrino e la vasca da bagno piena di roba fradicia. Inutile dire che non possiedi una lavatrice funzionante per lavarla.
Il ritorno dal passato. Apri la lavatrice e ci trovi un capo di abbigliamento che non solo non ricordavi di avere, ma soprattutto non sei stato tu a metterlo in lavatrice. E’ lei che te l’ha tenuto nascosto per ridartelo il giorno del tuo compleanno, tipo 5 anni dopo.. Recenti studi hanno dimostrato che questo miracolo si realizza solo grazie alla complicità del cesto della roba sporca.
La creazione dei colori. La lavatrice è in grado di creare sfumature di colore non presenti in natura che sfuggono persino alla tabella dei colori Pantone. Si tratta sempre di tinte pastello, inabbinabili, importabili e assolutamente fuori luogo anche per i daltonici.
Intere generazioni di uomini sono vissute con almeno un paio di boxer rosa confetto nel cassetto delle mutande.
Lo sparigliamento dei calzini. Si basa sul teorema di Socks:
Messo in lavatrice un numero X di calzini, con X intero e pari, al termine del lavaggio si avrà un numero Y di calzini, con Y diverso da X e soprattutto dispari.
Ma la cosa veramente strabiliante è che non necessariamente Y è minore di X. La lavatrice, pur di sparigliare i calzini, non solo può farne sparire uno ma, se le va, può addirittura crearlo.
Ho spesso sentito dire, soprattutto dagli uomini: “Io evito il problema perché compro tutti i calzini uguali e sempre neri”. Ci ho provato. Non ha funzionato, ma dopo due mesi ho capito a cosa si è realmente ispirata E. L. James per scrivere il suo bestseller “Cinquanta sfumature di grigio”.
Alex
Amore di plastica (post ricco di parolacce non adatto a un pubblico raffinato)
– Ken ti devo parlare
– Barbie aspetta. Oggi è un gran giorno.
– Perché?
– Per dimostrarti che ti amo ti ho fatto intestare il camper, l’automobile, la casa, la macchina, la moto, la barca, il cavallo, la carrozza, la motoslitta, l’elicottero, l’aereo, il garage, la casa e la colf filippina.
– Oh Ken. Volevo dirti che non ti amo più
– Barbie, e dirmelo ieri?
– Ken, chiederò l’annullamento del matrimonio alla sacra rota.
– Perché?
– Ken, il nostro matrimonio non è stato consumato!
– Barbie…è colpa mia se quelli della Mattel non mi hanno fatto il cazzo?
– No Ken, ma..
– Barbie, e se anche avessi il cazzo, che cazzo me ne faccio? Ti ricordo che anche tu sei sfigata.
– Ma Ken!
– Eh beh si. Vitino da vespa, bel culo, occhioni blu. Insomma una figa da paura, ma senza la figa. Una donna senza figa è come una Ferrari senza ruote……la guardi ma non ci vai da nessuna parte.
– Ken anche con una Ferrari senza la leva del cambio non ci vai da nessuna parte…
– E tu non hai manco i capezzoli e l’ombelico
– Ken manca altro?
– Si, la riga del culo. Ma dimmi Barbie, sii sincera, c’è un altro pupazzo nella tua vita? Forse quel Big Jim che nomini sempre?
– Ma Ken….
– Parlami di Jim! Da dove viene?
– Anche lui è della Mattel
– Che lavoro fa?
– Il subacqueo, lo scalatore,guida l’elicottero, il calciatore, il paracadutista, il soldato, il cowboy, l’indiano, il dottore, il fantino, il pilota di aereri, il pilota di macchine, il palombaro, l’apicoltore
– Ma cazzo!
– Ma Ken non so.
– Barbie…che dici?
– Ken, mi hai chiesto se ha il cazzo, ma non lo so
– Barbie non ti ho chiesto se ha il cazzo. Ho solo detto “Ma cazzo”, nel senso: ma li fa tutti lui i lavori?
– E’ un uomo impegnato
– Ma ha il cazzo?
– Ken non lo so!!! Non ti ho mai tradito!
– E ci credo non hai la figa! E comunque se è della Mattel ti garantisco che anche lui è scazzato.
– Ma no…è sempre di buon umore Ken.
– Barbie non intendevo quello. ESSE privativa. Scazzato nel senso di “senza cazzo”.
– Ken, non si sa.
– Cosa vuol dire che non si sa?
– Non gli si levano le mutande, son dipinte. E quindi non si può sapere. Ma si vede un rigonfiamento
– Barbie ripeto, se è della Mattel anche lui è senza cazzo! Non vedo perché a lui dovrebbero averlo messo e a me no!
– Ken non puoi saperlo …E poi allora mi spieghi perché lo chiamano Big?
– Perché…..perchè…
– Te lo dico io Ken, perchè magari basta sverniciargli le mutande e via.
– Certo….e fate i preliminari con lo sverniciatore e la cartavetro a grana fine.
– Ken basta! E poi lo sanno tutti che se lo schiacci dietro….
– Cosa Barbie?
– Se lo schiacci dietro gli si drizza il braccio
– Come Hitler?
– E tipo….Ma magari basta spostare l’elastico eeeee voilà, il gioco è fatto! Una schiacciatina nella schiena e finalmente si tromba
– E alla fine gli devi ridipingere le mutande?
– Ken, ti ho detto basta.
– Svernicia, schiaccia, vernicia. Bello come fare il carrozziere.
– Non importa, nella vita ho bisogno di altre cose. Me ne vado. A proposito grazie per avermi intestato tutto!
– Barbie…..tu sei…tu sei…
– Sfigata? Guarda non so se Big Big Big Jim ha il cazzo, ma almeno le mutande dipinte mi fanno nutrire delle speranze. E comunque visto che esiste la Barbie gravida qualcuno se la sarà pur trombata, e quel qualcuno di sicuro non sei tu.
– Barbie non avrai il coraggio di andartene.
– Ah si? Vedrai. Prendo il camper e me ne vado! Ho fatto il pieno di benzina stamattina appositamente
– Barbie non andrai lontano.
– Ken Vedrai
– Barbie…
– Sono una donna indipendente, so badare a me stessa, tu non mi fermerai
– Barb…
– La mia spiccata sensibilità si contrappone al tuo gretto materialismo maschilista
– Ba…
– Non provare a fermarmi
– B…
– Ti ho detto di lasciarmi andare
– Barbie…….non andrai da nessun parte!
– Perché?
– Il camper va a gasolio, non a benzina
Alex